Jeep Safari a Creta: un’escursione fuori…strada!

Come sapete, a noi piace andare sempre a caccia di nuove esperienze e nuovi percorsi, sia per soddisfare la nostra sete di conoscenza e la nostra curiosità, sia per poter dare a voi viaggiatori ed amici che ci venite a trovare interessanti ed alternativi spunti per la vostra vacanza. Quella che vi raccontiamo oggi è un’escursione fuori dall’ordinario, a bordo di un fuoristrada Mitsubishi Pajero da 7 posti, guidato dal simpatico Nassos che, oltre ad essere un buon autista, si è rivelato anche un’ottima guida (in lingua inglese), conoscitore dell’isola, delle sue tradizioni e della sua natura.

Verso le 9 del mattino è passato a prenderci sotto casa e subito dopo la stessa cosa ha fatto con una ragazza canadese e una coppia di norvegesi che alloggiavano qualche km più ad ovest. Per la prima mezz’ora abbiamo attraversato una strada secondaria molto bella, costellata di aranceti e piante di avocado, immersa nel verde e nella tranquillità. Lungo il tragitto, Nassos ci ha spiegato alcune cose sulla coltivazione locale di questi frutti e sulla loro vendita. Imboccata la gola di Thèriso o di Elefthèrios Venizèlos, ci siamo fermati ed abbiamo proseguito a piedi per circa un quarto d’ora per poter godere della frescura di quella zona, della meravigliosa natura circostante e della compagnia delle scattanti caprette cretesi. Risaliti in macchina, siamo giunti al caratteristico villaggio di Therisso, molto amato dagli abitanti di Chanià, sia per la bellezza e la tranquillità del luogo, sia per quello che storicamente rappresenta. Nassos ci ha raccontato infatti che qui, nel 1905, ebbe luogo la Rivoluzione Cretese che portò Creta, al tempo stato indipendente, ad unificarsi alla Grecia. La rivoluzione fu iniziata da un gruppo appassionato di cretesi, guidati dall’allora giovanissimo e intraprendente Elefthèrios Venizèlos. Costui, successivamente, fu nominato Primo Ministro greco per ben 7 volte consecutive, guadagnandosi, grazie al suo operato e alla sua grande personalità, il rispetto e l’ammirazione di tutto il popolo greco, fino ai giorni nostri. Oggi lo considerano, infatti, il personaggio storico più importante della nazione dopo gli Antichi Greci.

Dopo una breve passeggiata per il centro del villaggio, abbiamo fatto sosta in una delle tipiche taverne presenti in loco per uno spuntino tutto cretese, a base di pomodori freschi, formaggio di pecora locale (gravièra), olive e crostini all’orzo (paximàdia). Il bello però doveva ancora arrivare. La nostra meta principale, infatti, non ve l’abbiamo ancora svelata. Dopo esserci rimessi in strada con la nostra jeep, dopo circa 15 minuti, ci siamo immessi in una stradina sterrata che solo con un mezzo come quello su cui viaggiavamo si poteva attraversare. Per circa 20-30 minuti, lasciandoci alle spalle ogni segno di vita e di insediamento umano, abbiamo “ballato” su questo percorso “off road” davvero straordinario. Di lì a poco ci si è parato davanti un panorama pazzesco, con delle splendide montagne, una vegetazione completamente diversa rispetto a quella di mezz’ora prima, una vista sconfinata sul mare e sui paesi della costa. Tutto questo per giungere dove tutti aspettavamo con ansia di arrivare: al rifugio dei pastori cretesi. Nassos ci ha introdotto alla spiegazione del posto dicendo: “Premetto che non siamo arrivati in Afghanistan o in Pakistan, ci troviamo sempre a Creta, in Europa”. In effetti, la sensazione era proprio quella di essere stati catapultati a casa dei pastori nel bel mezzo di una sperduta regione afghana o qualcosa di simile. In quest’area esistono ancora 3 di questi rifugi, costruiti solamente con le pietre ed i materiali presi dal terreno circostante. Qui, alcune famiglie del luogo, si tramandano da centinaia di anni le tecniche, i segreti e l’amore per la pastorizia, per le loro 700 pecore e per la creazione e la lavorazione dei formaggi tradizionali cretesi: il gravièra, la mizìthra e l’anthòtiro. Arrivati in loco, abbiamo visitato uno di questi minuscoli rifugi, il cui nome tradizionale greco è Mitàto. All’interno di questo, ogni estate, i pastori si trasferiscono per un periodo da va da 1 a 3 mesi, e lavorano, controllano e custodiscono con cura i loro deliziosi formaggi durante il periodo di stagionatura, per poi venderli solo ed esclusivamente a poche e fortunate famiglie di amici e conoscenti. Ogni mattina, verso le 8, attirano lì con del cibo extra il loro folto gregge che per tutto il giorno e la notte precedenti hanno pascolato e vagabondato per le montagne circostanti. Dopo averle fatte mangiare, le spingono verso un percorso obbligato che le porta dritte sotto ad una copertura di legno, al punto in cui il pastore le munge ad una ad una. Nassos ci ha spiegato che per fare ciò, lui usa ancora la tecnica tradizionale. Si piega ad angolo retto in direzione del gregge, la pecora passa sotto le sue gambe, lui la blocca tra le ginocchia e la munge. Per non affaticare troppo la schiena, si sostiene il busto con un copertone sgonfio appeso ad una corda che pende dal soffitto: un rudimentale, ma utilissimo brevetto :-D! Una volta finito, le pecore possono dissetarsi con l’acqua sorgiva che i pastori raccolgono per loro in alcune vasche e riprendere poi il loro pascolo sulle montagne! Queste sono solo alcune delle interessantissime informazioni che la nostra guida ci ha fornito durante la visita. Il luogo, situato nel bel mezzo del nulla, è davvero incredibile e sembra possedere un’anima propria.

Dopo aver scattato qualche bella foto, quasi a malincuore, abbiamo dovuto lasciarlo, ma il pensiero di tornare a Therisso per goderci un fantastico pranzo a base di piatti tipici ci ha sicuramente tirato su il morale. Una volta riempita la pancia, a pochi metri dalla taverna, abbiamo visitato il piccolo museo di Elefthèrios Venizèlos, allestito all’interno dell’edificio che, al tempo della rivoluzione, fu il suo quartier generale. Qui si può vedere la bandiera originale utilizzata dai rivoluzionari nel 1905.

Lasciato Therisso, ci siamo fermati prima ad una sorgente naturale di acqua, all’altezza di Mesklà, e poi al villaggio di Vatòlakkos dove abbiamo potuto visitare un altro piccolo museo, questa volta dedicato all’ “oro cretese”, l’olio d’oliva, situato all’interno di un ex frantoio del XIX secolo. Il tutto, ovviamente, sempre condito dalle ricche spiegazioni di Nassos.

Siamo stati davvero entusiasti di quest’esperienza vissuta al di fuori di qualsiasi rotta turistica. L’agenzia di Nassos propone svariate escursioni simili a questa, tutte caratterizzate da percorsi fuori strada sulle montagne e da luoghi solitari e poco conosciuti in cui si può conoscere la vera ed autentica Creta. Noi di sicuro lo consiglieremo a chi verrà a trovarci e saremo lieti di fornire maggiori informazioni in merito, nonché di mettere in contatto Nassos con chiunque fosse interessato.

Spiagge di Grammeno: inaspettate sorprese tra boschi di cedri

Abbiamo scoperto la penisola di Grammeno leggendo una bellissima guida scritta da 2 nostri connazionali a cui spesso facciamo affidamento per conoscere nuovi angoli di Creta. A 70km a sud di Chanià e a 5km a est di Paleochora, nella costa sud-ovest, si trova un’area molto tranquilla che comprende due spiagge principali (Votsalo e Houma), varie baie minori e un basso promontorio ricoperto di cedri.

Votsalo è una lunga spiaggia di ciottoli, mentre Houma, quella da noi prescelta qualche giorno fa, è più piccola e sabbiosa, oltre ad essere molto graziosa ed immersa nella tranquillità. La giornata molto calda e le inconfondibili sfumature di azzurro del Mar Libico ci invitano subito ad un fantastico bagno, seguito da un’ora di relax al sole e da un pranzetto al sacco sotto l’ombrellone. A quel punto decidiamo di inoltrarci alla scoperta del bosco di cedri. La passeggiata si svolge tra candide dune sabbiose e centinaia di questi bellissimi alberi che ricoprono spesso le aree litoranee di Creta. Le orme umane di camminatori passati prima di noi, si dividono in varie direzioni e noi seguiamo senza alcuna meta precisa alcuni tracciati che ci ispirano di più. Dopo pochi minuti, arriviamo in prossimità di una grotta e ci arrampichiamo sulle rocce circostanti per ammirare la visuale del mare. Ed ecco aprirsi davanti a noi un ampio pavimento roccioso che arriva fino al mare e che, per via delle sue infinite cavità, ci ricorda molto le immagini della Luna che vediamo in TV! Lì osserviamo per la prima volta come fa la gente del posto a raccogliere il sale marino che poi vende al mercato cittadino. Riempiono quelle buche di acqua, pompata dal mare tramite dei lunghi tubi neri e poi ci posizionano delle reti a maglia larga che, mano a mano che l’acqua evapora, catturano il sale che si è cristallizzato su di esse.

Scendiamo dalle rocce e continuiamo la nostra passeggiata tra i cedri ed il percorso sabbioso. Ad un certo punto arriviamo in uno slargo in cui diverse e strane formazioni rocciose ci riparano dal mare aperto, formando grotte e, a volte, quel che sembra essere una rappresentazione di arte moderna. Superiamo alcuni di questi ostacoli appuntiti e, sorpresa sorpresa, ci troviamo di fronte a una vera e propria
piscina naturale! Le rocce si ergono ai lati per delimitarla e terminano in una grotta marina dalla quale si sente provenire il rumore delle onde del mare che si infrangono dall’esterno ed entrano portando con sé piccoli pesci. La tentazione è troppo forte: in meno di un secondo ci immergiamo in queste acque tiepide e la sensazione è quella di nuotare nella riproduzione ingigantita di un acquario, con tutte queste rocce, i muschi sul fondale, le cavità ed i piccoli branchi di pesciolini che escono da dove meno te lo aspetti… troppo bello!!

Entusiasti della nostra scoperta in solitaria, torniamo sul sentiero principale per concludere il giro del promontorio di cedri. Sulla strada incontriamo altre due baiette, frequentate solamente da qualche sparuto naturista e, anche lì, impossibile resistere a non fare un bagno :-)!! Che posti ragazzi! E che esperienza del tutto inaspettata!

Che dire… andateci se avete l’occasione, non ne rimarrete delusi!

A presto!!

Spiaggia di Koutalas: una giornata nell’Apokoronas

L’ Apokoronas è una zona di Creta che si estende nella parte nord-est della Prefettura di Chanià. Alimentato dalle acque sorgive che arrivano direttamente dai Monti Bianchi alle sue spalle, questo territorio è caratterizzato da verdi colline e da ampi tratti di terreno fertile. L’ Apokoronas è inoltre conosciuto per i suoi caratteristici e minuscoli villaggi interni e per alcune spiagge tranquille e adatte alle famiglie, come quelle di Kalyves e di Almyrida. 

Decisi a scovare in quest’area qualche luogo sconosciuto ai più, o comunque lontano dalle classiche mete che attraggono i turisti nella zona, una mattina siamo partiti diretti alla piccola spiaggia di Koutalas o Koutalis (circa 40 minuti di auto da Chania). Strano ma vero, non abbiamo dovuto fare nessuna scarpinata di ore per arrivarci e nemmeno abbiamo dovuto percorrere in auto strade dissestate o a picco sul mare, tutte cose tipiche delle nostre gite cretesi ;-)! La spiaggetta, infatti, è raggiungibile direttamente in macchina tramite una strada asfaltata. Il colpo d’occhio dall’alto è davvero molto bello: una lingua d’acqua azzurra e limpidissima che scivola tra due pareti rocciose e lascia intravedere il variegato fondale sassoso. Dopo aver appoggiato i nostri zainetti in un angolo, ci siamo subito tuffati in quelle acque così ammalianti, muniti di maschera e boccaglio. Il fondale ricco di sassi, infatti, invitava molto allo snorkeling, tant’è che le poche persone presenti sulla spiaggia avevano tutte la maschera oppure l’attrezzatura da sub. Le aspettative non hanno deluso: pesci di ogni misura, granchi maculati e perfino un fossile di una conchiglia gigante ci hanno tenuto dentro l’acqua per una buona mezz’ora!

Contenti di questa nuova scoperta e dopo esserci un po’ crogiolati al sole, siamo risaliti in macchina con l’intento di girare nell’entroterra dell’Apokoronas alla ricerca di una bella tavernetta dove poter pranzare. Il nostro girovagare si è concluso non lontano da lì, al villaggio di Kokkino Chorio. La Taverna da Yannis ha subito attirato la nostra attenzione, per la sua atmosfera rilassata, per l’ampia visuale sul mare e per la sua posizione tranquilla tra gli alberi della piazzetta della chiesa. Lì abbiamo consumato il nostro pranzo a base di insalata greca, fagioli in pentola e fagottini ripieni di spinaci ed erbette di stagione, per poi tornare verso casa, ancora una volta appagati dall’esperienza.

Altra giornata finita in bellezza e altro pezzetto di terra e di tradizioni cretesi impresso nel nostro cuore 💕!

Agios Pavlos: alla ricerca dei luoghi più remoti di Creta

Oggi vi vogliamo raccontare dell’ultima scoperta straordinaria che abbiamo fatto vagando per il territorio cretese: la spiaggia e la chiesetta di San Paolo o Ἀγιος Παύλος (Agios Pavlos) in greco.

In compagnia dei nostri amici Stefania e Luca, siamo partiti alle 8 del mattino alla volta di Hora Sfakion (o Sfakià), sulla costa sud-ovest di Creta. Alle 10:30 abbiamo preso il traghetto che in un’oretta ci ha portati ad Agia Roumeli. Durante il rilassante viaggio via mare, ci siamo goduti il blu intenso ed inconfondibile del Mar Libico e la sfilata di calette, pareti rocciose e micro paesini offerta dai maestosi Monti Bianchi (Lefka Ori). Una volta sbarcati, con zaino in spalla e pieni di energia, ci siamo spinti a piedi verso est, imboccando il nostro adorato sentiero E4 che ci avrebbe accompagnati lungo la costa meridionale verso la nostra meta. Come avevamo già accennato in alcuni articoli precedenti, il sentiero E4 (“The Cretan Way”) è un tratto di percorso europeo ben tracciato che attraversa Creta da est ad ovest (CLICCA QUI per uno splendido racconto sul sentiero cretese E4). Noi abbiamo avuto la fortuna di percorrerne vari tratti fino ad oggi e quello che ci stupisce sempre è l’estrema varietà dei paesaggi e del terreno che ci si trova ad attraversare. In questo tratto che collega la spiaggia di Agia Roumeli a quella di Agios Pavlos, si alternano sterrati nascosti tra i pini marittimi, parti di spiaggia a ciottoli grandi e piccoli, percorsi completamente sabbiosi ed angusti passaggi tra le rocce. Insomma, non si tratta proprio di una passeggiata tranquilla! Il percorso è proprio di quelli che piace a noi perché molto vario e sempre a picco sul mare cristallino, a tratti impegnativo, ma mai troppo per le nostre capacità. Forse un po’ d’ombra in più non ci avrebbe dato fastidio visto che il sole di giugno ha già svelato ampiamente la sua forza e durante questo tragitto ha messo tutti e 4 a dura prova!

Dopo circa un’ora e mezza di cammino, ecco aprirsi davanti a noi la selvaggia ed ampia spiaggia di Agios Pavlos. Dopo aver superato l’unico chioschetto presente in loco, ci siamo diretti verso il gioiello che caratterizza questo posto, ossia la pittoresca chiesetta di Agios Pavlos (o San Paolo), una delle più antiche di tutta l’isola. Fino a pochi minuti prima facevamo fatica ad individuare la sua posizione, perché, oltre ad essere molto piccola, è ben mimetizzata nel paesaggio circostante. Questo perché, nel X secolo, quando San Ioannis Xenos l’ha costruita con le sue mani, ha utilizzato le pietre presenti nella spiaggia stessa, del medesimo colore della sabbia e della terra. Ne ha ricavato una splendida struttura a croce bizantina, finemente modellata e in perfetta sintonia con la natura circostante. Una volta entrati, ci siamo accorti che nelle volte erano presenti i resti di alcuni bellissimi affreschi che pare risalgano ad un paio di secoli dopo.

Che posto incredibile ragazzi! Ancora oggi, dopo alcuni giorni, se ripensiamo all’immagine di quella costruzione isolata, che sembra far parte della montagna stessa, che si staglia su una distesa di sassolini neri, bagnati da un mare azzurro e trasparente oltre ogni immaginazione…beh, non ci sono parole per descrivere l’emozione che certi luoghi ti fanno provare!!

Dopo quella scarpinata ci siamo meritati un po’ di riposo e senza tardare un secondo in più, ci siamo tolti i vestiti sudati e ci siamo tuffati nelle corroboranti acque del Mar Libico. Una volta consumato il nostro pranzo al sacco e aver riposato un po’ all’ombra di alcune rocce, abbiamo preso armi e bagagli e ci siamo incamminati verso la via del ritorno. Giunti ad Agia Roumeli, stanchi morti, ma felici, ci siamo concessi un ultimo bagno, per poi prendere il battello delle 17:30 che ci ha riportati a Sfakià, dove avevamo lasciato la nostra auto.

Nel tragitto in auto abbiamo riparlato di quest’esperienza fantastica e ci siamo detti di essere grati all’universo di poter vivere queste giornate e di poterle condividere con degli amici che le apprezzano.

E allora cin cin! Alla vita che è sempre piena di sorprese, alle amicizie vecchie e nuove e alla bellezza di questo mondo che ci è stato donato!

Milià: ritorno al passato

Si chiama Milià Mountain Retreat e si trova a circa 50km a sud di Chanià, nel cuore delle montagne cretesi: qui il tempo sembra essersi fermato ad un secolo fa…

La sua storia inizia nel Medioevo ed è arrivata fino ai giorni nostri grazie a due sognatori, Giorgos e Tasos. All’inizio degli anni ’90, i due amici hanno unito la loro comune passione per il territorio e per la tradizione, per ricostruire sui resti dei loro antenati un luogo dove poter assaporare un’atmosfera d’altri tempi.

Già la strada per arrivare, sterrata ed in mezzo ai boschi, ci fa capire che stiamo per entrare in un’altra dimensione. Le frecce che indicano “MILIA” (in greco “MΗΛΙΑ”) ci accompagnano fino ad un punto in cui ci si deve parcheggiare l’auto, a circa 150m
dal complesso agrituristico, che si raggiunge a piedi passando in mezzo agli ulivi ed ai castagni. La struttura è davvero particolare: tutta realizzata in pietra, seguendo i criteri di costruzione tradizionali, riutilizzando i vecchi resti del villaggio ed alcuni materiali provenienti esclusivamente dall’area circostante. Questo complesso eco-friendly include un ristorante e 16 alloggi. L’unica fonte di elettricità è un piccolo impianto fotovoltaico che fornisce giusto quel che serve per lavorare. La sera infatti, se vi capiterà di cenare lì, lo farete al lume di una candela! Le camere, una diversa dall’altra, sono molto rustiche, arredate con il minimo indispensabile per vivere e, durante l’inverno, sono riscaldate da camini o stufe a legna. L’intera struttura si trova incastonata tra i Monti Bianchi (Lefkà Ori) e immersa in un silenzio e in una pace surreali, anche per Creta! I cardini che tengono in piedi tutto questo in maniera funzionale sono il rispetto per la tradizione e la natura, la calma e la passione per le materie prime locali.

Noi, lo dobbiamo ammettere, ci siamo letteralmente innamorati di questo posto! Dopo aver passeggiato in lungo in largo per i sentieri che circondano gli edifici, scovando fiori ed alberi da frutto di ogni tipo, ci siamo naturalmente fermati a pranzo alla taverna del Milià Mountain Retreat. Adoriamo i posti come questo, perché offrono la vera ed autentica cucina tradizionale cretese. Seduti accanto al camino acceso, avvolti da un ambiente caldo e familiare, ci siamo goduti il nostro “slow food” dai sapori indimenticabili. Ogni cosa, dal vino all’olio, dal pane al rakì (la grappa locale), è fatta in casa, con un amore ed una
dedizione facilmente intuibili dal gusto che lasciano in bocca! I piatti che vengono serviti sono ricchi di erbe aromatiche raccolte nei dintorni e preparati solo con ingredienti di stagione. Il tutto è piacevolmente condito dalla grande ospitalità del personale e dalla vista sulla natura incontaminata.

Sicuramente questa è un’esperienza che consigliamo a tutti, in quanto è l’occasione per corpo e spirito di allontanarsi dalla frenesia della realtà presente, viaggiare indietro nel tempo e stare semplicemente fermi.

Vespa Raduno a Chanià: una faccia, una razza

Lo scorso week-end abbiamo partecipato qui a Chanià ad un’iniziativa a noi molto nota: il Vespa Raduno. Chi ci segue da un po’, sa che noi abbiamo portato dall’Italia il nostro vespino, fedele compagno di viaggio da molti anni. Quando eravamo ancora a Vicenza, ogni anno partecipavamo ai Vespa raduni che venivano organizzati in zona, occasioni davvero piacevoli per stare in compagnia di bella gente, ascoltare buona musica, fare un brindisi e, naturalmente, girare in lungo e in largo per i Colli Berici!

Ecco che, a distanza di qualche anno, ci viene offerta l’opportunità di ripetere quest’esperienza in un’altra terra, in un’altra nazione, parlando un’altra lingua, ma di sicuro con la stessa passione e la stessa voglia di stare insieme e divertirsi (CLICCA QUI per un bel libro sui 70 anni della Vespa).

12716129_1112347525476642_2411386871334331997_oAbbiamo letto di questo Vespa raduno sulla pagina Facebook del Vespa Club Chanià e abbiamo pensato: “Quale occasione migliore per farci nuovi amici e per sfoggiare la nostra Vespa tutta italiana??”.

Ci siamo presentati il primo giorno, il venerdì, e subito abbiamo attirato l’attenzione dei più: cosa ci fa una Vespa targata Vicenza in quel di Chanià? In pochi minuti abbiamo conosciuto gente da tutte le parti della Grecia: Creta, Atene, Salonicco, Isola di Chio, Larissa! C’era addirittura un personaggio simpaticissimo che veniva direttamente da Belgrado! Tutti si scambiavano adesivi dei vari Vespa Club di appartenenza, ma anche esperienze di viaggio e aneddoti divertenti.

Quel giorno abbiamo fatto un bel giro nella penisola dell’Akrotiri (per saperne di più sull’Akrotiri, vedasi articoli “Stavros e Kalathas: le spiagge dell’Akrotiri”“Un sabato da Χανιώτες”,“I monasteri dell’Akrotiri”), visitando il Monastero di Agia Triada e le tombe dei Venizelos. Una volta tornati a Chanià, abbiamo pranzato tutti insieme in una taverna in Piazza del Dikastirio.

Il sabato ci siamo ripresentati al mattino alle porte dell’Agorà (il mercato al coperto di Chanià), luogo di ritrovo per la partenza e per le iscrizioni. Il giro prevedeva un tour per il centro della città con sosta finale al Porto Vecchio. E’ stato particolarmente emozionante entrare nella zona del porto con la Vespa, poiché normalmente lì è vietato l’accesso ai veicoli a motore. Il colpo d’occhio di questa lunga fila di Vespe multicolore sullo sfondo del Faro Egiziano era davvero forte!

Dopo aver pranzato in una taverna del centro con un gruppetto di nuovi amici da Atene e Salonicco, ci siamo diretti verso casa, per fare una pausa in attesa della serata organizzata dal club. Questa volta si è scelto il pullman per raggiungere la taverna di Therisso, essendo la strada un po’ tortuosa e buia, nonché sapendo i litri di vino e rakì che sarebbero scorsi a fiumi! La cena che è stata servita era tipicamente cretese: kalitzounia ripieni di mizithra (fagottini di pasta fillo ripieni di un formaggio pecorino cretese), insalata greca, carne di capra e agnello, riso pilafi con limone. Il tutto condito da vino locale, musica greca e tanto buon umore!

La domenica, nonostante il sonno incredibile dovuto al rientro tardo della sera prima, ci siamo trovati tutti al solito punto d’incontro per partire alla volta di Kalyves e Vamos, a circa 20 km a est di Chanià. Dopo un bel giro rilassante, baciati da un sole decisamente primaverile, ci siamo goduti un pranzo all’aperto, organizzato dal Vespa Club e preparato dalla gente del posto, a base di zuppa di fagioli, spiedini e insalata di cavolo cappuccio. Così è scorsa quest’ultima giornata, tra chiacchiere, brindisi, musica dal vivo e balli tradizionali.

E’ vero, noi qui ci troviamo immersi in un’altra cultura e in un’altra tradizione, siamo costretti a parlare un’altra lingua, ci troviamo ad una diversa latitudine, ma qui a Creta non ci siamo mai sentiti dei “diversi” perché i cretesi stessi non ci considerano tali. Tutti i greci conoscono fin da bambini una frase che noi in Italia non usiamo, ma che, secondo noi è azzeccatissima. Dicono:”Italia Grecia, una faccia una razza” e la cosa incredibile è che la dicono in italiano, non in greco! Sarebbe davvero interessante capire da dove deriva questo detto che, nonostante qui venga usato nella nostra lingua, in Italia non è minimamente conosciuto! In ogni caso, dopo quest’esperienza alternativa di Vespa Raduno, non possiamo che confermare appieno il fatto che siamo una sola faccia e una sola razza!

Rethymno e Lappa: le vestigia di grandi civiltà del passato

Questo novembre da sogno in terra cretese ci fa venir voglia di uscire spesso e di girovagare per l’isola, percorrendo anche strade che in passato avevamo già esplorato in parte. Le due mete di cui vi parliamo oggi, infatti, non sono nuove per noi, ma abbiamo deciso di visitarle in un’unica giornata e in maniera più approfondita per potervele “regalare” tramite le nostre parole e foto.

Da casa nostra in auto ci si impiega un’oretta per arrivare alla città di Rèthymno, che si trova sempre sulla costa nord, a est di Chanià. Rethymno è la terza città cretese in ordine di importanza e grandezza, dopo Iràklio e Chanià. Personalmente riteniamo che come bellezza, architettura e particolarità sia seconda solo a Chanià. La giornata che abbiamo scelto per visitarla era davvero splendida e incredibilmente calda per essere novembre inoltrato. Una volta arrivati abbiamo fatto quello che è inevitabile fare in una città come questa: perdersi nei suoi intricati e caratteristici viottoli che non possono non ricordarci le calli veneziane. D’altronde anche a Rèthymno, come a Chanià, Venezia è davvero ovunque: la si trova nel piccolo porticciolo, nelle facciate dei vecchi edifici e delle case, nelle decorazioni di balconi, architravi e portoni. Per non parlare poi del simbolo dell’odierna città che è davvero un piccolo gioiello veneziano: la seicentesca Fontana Rimondi, che prese il nome da colui che la fece costruire, il rettore Alvise Rimondi. Volendo davvero conoscere a fondo la città e i suoi più piccoli segreti, si potrebbe davvero perdere delle ore alla scoperta dei particolari antichi che rendono unici molti edifici del centro. Se invece preferite le grandi costruzioni, basta salire sul promontorio ad ovest del porto, dove si erge l’imponente e ben conservata Fortezza Veneziana, dalla quale si può godere una fantastica vista sulla città e sul mare.

Abbiamo trascorso qualche ora a Rethymno, a passeggiare tra le viuzze nascoste, a
percorrere su e giù il bel lungomare pieno di bar e localini e scattare foto a queste antiche vestigia baciate dal sole. Verso l’ora di pranzo, abbiamo deciso di lasciare la piccola Venezia cretese e di avventurarci nelle colline dell’entroterra, alla ricerca di un posto dove mangiare qualcosa.

Arrivati al piccolo villaggio di Episkopì, ha attirato la nostra attenzione un’insegna sulla strada, posizionata davanti ad una piccola taverna accoccolata tra le fronde di un gigantesco ibisco in fiore. L’insegna diceva: “Ο κήπος της Αρκούδαινας Ταβέρνα”, ossia “Taverna Il giardino di Arkoudaina” (The Garden of Arkoudaina).

Abbiamo parcheggiato e siamo entrati. Il proprietario ci ha fatti accomodare nel giardino sul retro, un posto davvero incantevole. La stagione turistica ormai è finita e i greci non pranzano certo all’una e mezza, così quel giorno eravamo solo noi seduti su uno di quei tavolini multicolore a gustarci i piatti unici e genuini di questa particolare taverna. Abbiamo ordinato dei kalitsounia (fagottini di pasta fillo ripieni di erbe cotte locali), un piatto di fava (purè di legumi chiamati appunto “fava”, deliziosi e tipici di Creta) servito in maniera originale con un mix di erbe tritate sopra e infine, ma non ultima, un’insalata davvero insolita che ha reso famoso questo posto, composta da niente meno che 49 ingredienti!! Impossibile individuarli tutti, noi ci abbiamo provato, ma siamo arrivati a circa la metà!! Potrebbe sembrar strano che un’insalata stimoli diversi sensi, ma vi assicuriamo che quella ci ha stuzzicato parecchio sia la vista, che il gusto che l’olfatto!

Lasciata la taverna, ci siamo diretti verso la seconda meta da noi scelta: Lappa se la chiamiamo con il suo nome antico, Argyroùpoli se preferiamo la denominazione odierna. Questa minuscola cittadina, spersa tra le montagne dell’entroterra cretese, è un piccolo forziere di tesori archeologici del periodo Romano e Serenissimo. Siamo partiti a visitarla da un punto esterno al centro della città, ossia dalla località di Lamianà, dove si trova un’importante parte di resti della Necropoli Romana e del Santuario delle 5 Vergini. Per arrivarci bisogna seguire le indicazioni stradali per Kato Poros, parcheggiare l’auto ed inoltrarsi a piedi in un bellissimo sentiero lastricato. Mano a mano che si avanza, si iniziano a vedere le prime prove della presenza dei nostri antenati. Sulla parete rocciosa che costeggia uno dei due lati del sentiero si succedono, una dopo l’altra, le tombe scavate abilmente nella pietra. Sono di diverse misure e fattezze, ma tutte così incredibilmente definite da far venire un brivido per quanto si capisce nitidamente quale fosse stato il loro scopo in passato.

Proseguendo lungo il percorso, siamo arrivati ad una piccola e bianca chiesetta dedicata al sacrificio delle cosiddette 5 Vergini, avvenuto per mano dell’armata dell’imperatore Decio (249-251 d.C.), convinto e feroce persecutore dei Cristiani. Inoltrandoci ancora un po’ nella natura di questo luogo così intimo ed ameno, arriviamo ad una fontana con acqua sorgiva, circondata da altri resti di tombe Romane, il tutto sovrastato da uno spettacolare e mastodontico platano che vanta, udite udite, ben 2.000 anni di vita!

Dopo esserci goduti l’atmosfera bucolica di questo luogo magico, ci siamo diretti verso il centro della cittadella veneziana di Lappa. Un grande arco ti accoglie all’entrata del paese ed un percorso ben tracciato ti guida tra le vie e le ricchezze archeologiche di questo villaggio, che in epoca Romana si stima avesse intorno ai 10.000 abitanti, oltre ad un porto e un’imponente forza navale. In realtà, l’area archeologica è molto più vasta di quella che vediamo nella città stessa, in quanto si estende anche nei paesi vicini. Noi quel giorno ci siamo limitati a girare per il centro di Lappa, dove si può fare una piacevole passeggiata e incontrare pezzi di storia davvero interessanti. Bellissima la porta veneziana che un tempo introduceva all’interno della fortezza del signore feudale della Serenissima Repubblica Veneta, Francesco Da Molin, e sulla cui pietra si legge scolpito: “OMNIA MUNDI FUMUS ET UMBRA” (“Tutto al mondo è fumo ed ombra”). Impressionante poi come si sia conservato il grande mosaico, appartenente ad un antico bagno romano, che si trova oggi coperto da una tettoia accanto alla chiesa bizantina della Panagìa: si tratta di un capolavoro composto da 7000 tessere, raffiguranti disegni geometrici e piccoli pesci.

Per concludere la giornata ci siamo spinti in auto fino alla parte bassa del paese, per ammirare le famose cascate naturali di
Argiroùpoli che adornano le pareti rocciose e le caratteristiche taverne sottostanti le quali, durante la stagione turistica, offrono pesce d’acqua dolce ed altri piatti locali.

Anche per oggi la nostra gita fuori porta si è conclusa, ci auguriamo vi sia piaciuta… a presto!!

***CLICCA QUI per un approfondimento su Creta bizantina e veneziana***

Gialiskari: il fascino del mare a novembre

Chi dice che andare al mare fuori stagione sia una perdita di tempo o uno spreco, dovrebbe venire a Creta in ottobre o in novembre per ricredersi completamente! Sicuramente in questo periodo l’aria è più frizzantina, a volte ci si imbatte in qualche giorno di cielo nuvoloso o di pioggia autunnale, l’acqua del mare non ha più il caldo abbraccio dei mesi estivi e quando va giù il sole è necessario munirsi di giubbino… ma in quale altro posto d’Europa si può fare il bagno a novembre senza battere i denti?? Dove se non a Creta tornate a casa con la pelle scottata dal sole in autunno inoltrato?

Oggi vi raccontiamo la nostra giornata novembrina a Gialiskari, a 4km a est di Paleòchora, sulla costa sud-ovest di Creta.
Partiamo al mattino e in circa un’ora arriviamo al caratteristico villaggio di Paleòchora. Da lì imbocchiamo una stradina, prima asfaltata e poi sterrata, che in una quindicina di minuti ci conduce alla spiaggia di Gialiskari, più comunemente conosciuta come Sandy Beach (o come Anydri Beach). Questo posto l’avevamo già conosciuto quest’estate assieme ad alcuni amici che ci erano venuti a trovare, ma abbiamo voluto tornarci perchè è davvero, davvero speciale. Il litorale si divide in due parti: la prima di ciottoli abbastanza grandi e nelle cui acque a settembre abbiamo fatto uno dei migliori snorkeling da quando viviamo qui; la seconda, ossia la più frequentata e accessibile, è la vera e propria Sandy Beach. Una larga lingua di sabbia grossolana mista a sassolini, che da un lato si immerge in un mare di cristallo e dall’altro è sovrastata dall’onnipresente catena dei Lefkà Ori (Monti Bianchi). D’estate è attrezzata con lettini e, a scelta, si può ripararsi dal sole o sotto gli ombrelloni o sotto i pini marittimi sparsi per la spiaggia. Questo luogo così ameno fa fatica a non rimanerti dentro una volta che l’hai visto. L’atmosfera è semplice,
naturale e coinvolgente e ti fa capire subito perchè negli anni ’70 fosse una spiaggia molto amata dagli hippies di Paleochora, che la raggiungevano a piedi con in spalla una tenda e una chitarra. Noi abbiamo avuto la fortuna di vederla sia nella stagione turistica, sia ora, quindi con due aspetti molto diversi. Oggi gli ombrelloni sono spariti; l’unica tavernetta che c’era ha chiuso; resiste ancora solo il piccolo chiosco che vende bevande, toast e gelati. Le sole presenze sulla spiaggia, a parte noi, sono una manciata di nudisti nord europei che prendono il sole e qualche greco che si beve un
caffè freddo sulle panchine del bar. Se possibile, in questa stagione Gialiskari è ancora più magica, come, d’altronde, tutti i luoghi di mare quando si svuotano dalla grande massa estiva.

Appena giunti sul posto, resistiamo alla tentazione di stravaccarci anche noi sugli sparuti lettini rimasti e decidiamo di avventurarci in un pezzo di sentiero europeo E4 (v. articolo su: Da Loutrò a Fìnikas tramite l’E4). Percorriamo a piedi tutta la spiaggia andando verso est e, terminata la zona sabbiosa, iniziamo a seguire le pennellate gialle e nere sulle rocce, che ogni 20-50 metri ci indicano la corretta via per seguire il sentiero E4 (CLICCA QUI per uno splendido racconto sul sentiero cretese E4). Il percorso si rivela davvero uno spettacolo: tutto lungo la costa, in un su e giù continuo di tratti in parte sterrati e in parte rocciosi, costellato di arbusti e piante endemiche, con il mare che ti segue sul lato destro in maniera costante, cambiando continuamente sfumature e infrangendosi sulle appuntite rocce costiere. Ogni tanto incontriamo il tipico cartello giallo e nero con su scritto “E4” che ci aiuta a capire di essere nella direzione giusta, visto che a volte il sentiero si fa talmente irregolare che ci viene qualche dubbio sulla pista da seguire. Camminiamo per circa un’ora baciati dal sole ancora potente di novembre e dopo una pausa di 10 minuti siamo indecisi sul da farsi: proseguire per altre 3 ore circa ed arrivare fino a Lissos (v. articolo su: Lissos) oppure tornare indietro e goderci queste preziose ore quasi estive tuffandoci nelle acque del Mar Libico. Riflettendo un attimo,
concludiamo che Lissos l’abbiamo già vista e non sappiamo per quanto ancora saremo così fortunati da poter trascorrere una giornata di mare come questa, perciò decidiamo di fare dietrofront e tornare all’invitante e quasi deserta Sandy Beach che ci chiama da lontano.

Il sentiero non proprio lineare che ci lasciamo alle spalle ci ha fatti sudare non poco e questo aumenta in noi la voglia irrefrenabile di un tuffo corroborante. Lasciate così le nostre cose sulla spiaggia, ci lanciamo in tre secondi scarsi nelle limpide e freschissime acque del sud e in un attimo ci sentiamo in paradiso!! Una volta usciti, ci stendiamo al sole e proviamo davvero un piacere infinito. Rimaniamo sconvolti da quanto picchi ancora in questa stagione e di quanto immensamente bene si stia a farsi scaldare dai suoi raggi dopo la fresca sensazione del bagno. Grati di tutto ciò, ci crogioliamo per qualche ora in questo sogno di un pomeriggio di mezz’autunno…

Manca solo una cosa, a dire il vero, per coronare la giornata ..una bella birra fresca!

Alla vostra 🙂 !!

Gola di Imbros e dintorni: una scoperta dopo l’altra

Anche quest’anno sono venuti a trovarci i nostri grandi amici Elena e Fernando, assieme alla piccola Asia e alla nonna Stella! Con loro due abbiamo deciso lo scorso mercoledì di andare alla scoperta di una nuova gola, sempre a sud di Chanià, considerata la “sorella minore” di Samarià: la gola di Imbros (in greco “Φαράγγι Ίμπρου”).

Decidiamo di partire presto, verso le 8, per arrivare intorno alle 9 all’entrata della gola, proprio al paesino di Imbros. Lasciamo la macchina in uno dei numerosi parcheggi gratuiti che si trovano lungo la strada ed imbocchiamo la prima parte di sentiero. Dopo circa 15 minuti di cammino, troviamo la biglietteria, con un cartello: “Municipalità di Sfakià, Gola di Imbros – Lunghezza: 8km – Biglietti – Entrata – Buona passeggiata!”. Paghiamo così i nostri 2€ a testa ed iniziamo la vera e propria escursione, che si svilupperà quasi tutta in discesa. La giornata è limpidissima, ma a quell’ora l’aria di montagna è ancora frizzantina. Così, con passo lesto, camminiamo in questo primo tratto di sentiero abbastanza largo e ben tracciato, con pietre di grandezza media ed attorniato da pareti non troppo alte e da alberi dalle forme strane e contorte. Per tutta la prima ora di cammino a mala pena incontriamo anima viva, quindi ci godiamo appieno la Natura padrona di questa gola, che si
manifesta in varie forme solo per noi, con il suo piacevole silenzio ed i suoi profumi di muschio e resina che ci hanno accompagnati per tutto il tragitto. Iniziamo così ad entrare nei primi veri tratti di canyon, con pareti rocciose maestose, dalle quali fuoriescono miracolosamente degli alberi (forse delle querce) che sembrano cadere da un momento all’altro sulla nostra testa! A poco a poco ci inoltriamo in questo paesaggio che si fa diverso, dove si alternano tronchi enormi che sbarrano la strada, passaggi più o meno stretti e cascate di pietre affilate che costeggiano il sentiero. Tutto ciò fino a raggiungere un bellissimo cunicolo a forma di “S”, il punto più suggestivo della gola, con pareti altissime e lisce, che sembra quasi uno scivolo dei parchi acquatici! E’ qui che attraversiamo il punto più angusto di tutta la gola, largo solamente m 1,60. Superati quindi gli ostacoli “più duri”, proseguiamo ancora un po’ fino a raggiungere un bivacco, davvero unico nel suo genere, dove ci fermiamo per uno spuntino. Si tratta di una piccola tettoia di legno con un tavolino, delle panche, sgabelli fatti di tronchi ed ogni genere di chincaglieria appesa: bandiere greche di ogni dimensione, foto di strani personaggi baffuti e di escursionisti, vecchi fucili arrugginiti, uno specchietto retrovisore di un’auto, banconote dal mondo e addirittura due teschi di caprone con gli occhiali da sole!! Che posto assurdo!! Dopo un breve ristoro, ci incamminiamo verso l’ultima parte della gola, più semplice e lineare, che ci conduce, dopo circa 2 ore di passeggiata, al controllo dei biglietti finale. Da qui, si prosegue per altri 5 minuti fino al villaggio di Komitàdes, dove un cretese totalmente in nero (barba e rosario al collo compresi!!) si offre di riportarci  con il suo pick-up, per 5€ a persona, al paesino di Imbros, dove c’è la nostra auto!

L’esperienza “montanara” ci ha soddisfatti appieno, la gola si è dimostrata incantevole e particolare come tanti ci avevano raccontato e, oltretutto, alla portata di chiunque, perché non lunghissima e semplice da percorrere se si indossano delle buone scarpe chiuse. A quel punto, però, dopo una bella passeggiatona, come fare a meno di un bagno in mare rigenerante?? Riprendiamo la macchina e percorriamo la strada che porta fino a Sfakià e lì decidiamo di perderci un po’ nei meandri della selvaggia costa del sud, che ci ha sempre riservato delle belle sorprese. Presto ci rendiamo conto che anche questa volta non ci avrebbe delusi! Arriviamo per caso in una piccola insenatura, tra Ammoùdi e la spiaggia per naturisti di Filàki, dove è scattato per tutti noi il colpo di fulmine! Oltre a capire fin da subito che avremmo avuto questo piccolo e splendido angolo sperduto tutto per noi, restiamo meravigliati ancora una volta davanti alle diverse sfumature di blu che il mare qui a Creta riesce ad avere a seconda del tipo di spiaggia, di costa, di fondale o di paesaggio circostante. Qui restiamo a farci viziare da un’impagabile solitudine e dalle rinfrescanti e azzurrissime acque della “No name beach”, come l’abbiamo soprannominata quel giorno (*vedasi note a piè di pagina)! Ci siamo chiesti quante altre insenature, sconosciute e simili a questa, ci saranno qui a Creta e questo fatto ci ha rincuorati molto perché significa che quest’isola, in chissà quanti angoli sparsi, sta ancora preservando la sua bellezza incontaminata dal turismo di massa.

Non contenti delle mille bellezze viste fino a quel momento, di comune accordo stabiliamo un’ultima tappa sulla strada del ritorno, ossia l’Azienda Vinicola Dourakis (nel cartello sulla strada si legge “Winery Dourakis”). La storia di questa azienda inizia nel 1986, quando Andreas Dourakis torna da Salonicco al paese cretese d’origine, Alikampos, dove oltre a prendere in mano le vigne del padre, ne coltiva molte altre nei terreni attorno. E’ motivato dal suo bagaglio di conoscenza in materia, proveniente dai suoi studi di enologia in Germania e dalla sua lunga esperienza lavorativa nelle wineries locali ed estere, nonché dal terreno e dal clima super favorevoli di questa zona di Creta. Tutto ciò lo ha aiutato a portare al successo questa bellissima azienda, dove ora si possono fare visite guidate, banchetti nuziali e, naturalmente, assaggiare e comprare svariati e prelibati vini locali. Una volta arrivati a destinazione, già da fuori il posto ci conquista: un edificio di pietra, simile a un casolare di campagna, con un florido giardino ed un patio esterno con tavolini. Entriamo e ad accoglierci c’è Sofia, una ragazza molto simpatica e preparata, che con pazienza e professionalità ci porta al loro negozio e ci fa assaggiare, per nostra immensa gioia, una grande varietà dei loro nettari! Alla fine, inevitabilmente, siamo usciti da lì con ben 6 bottiglie di vini misti in vista delle nostre cene in compagnia a Villa Anastasia!! Neanche a dirlo, è un posto che consigliamo vivamente, per fare un’esperienza nell’isola diversa da quello che può essere la classica spiaggia o la visita al sito archeologico.

Anche questa volta, a quanto pare, non ci siamo fatti mancare proprio nulla, compresa l’incomparabile compagnia degli amici più cari, con i quali è sempre una doppia soddisfazione vivere queste meraviglie cretesi!

*NOTE:

La “No name beach” in realtà si chiama Agios Charalambos o Agios Haralabos Beach.

Polyrrinia e Afrata: meraviglie celate a due passi da casa

Siamo alle porte di settembre, il meteo è ancora abbondantemente dalla nostra parte e il desiderio di scoprire nuovi angoli di Creta non si assopisce mai! Da adesso inizia uno tra i periodi più belli per visitare quest’isola, quindi per chi volesse prenotare un “Grecia Last Minute”, questo è proprio il momento ideale! Approfittando, quindi, di una
giornata assolatissima e ventilata e della nostra inseparabile compagna di viaggio, la Vespa, siamo partiti alla volta di Polyrrìnia (o Polirinia o Polyrrhenia) e dei suoi solitari resti archeologici. Il sito si trova a circa 40km a ovest da casa nostra e a 7km a sud della cittadina di Kìssamos (o Kastèli). Polyrrinia fu un’importantissima città-stato, fondata dai Dori nel VI secolo a.C., per secoli in guerra con l’attuale città di Chanià (all’epoca Kydonìa). Per tutto il Periodo Romano, di cui oggi vediamo la maggior parte dei resti, ebbe un ruolo centrale nella Creta dell’ovest. Venne in seguito occupata dai Veneziani, che la utilizzarono come roccaforte per tutta la durata del loro dominio nell’isola.

Una volta raggiunto il villaggio di Polyrrinia, abbiamo parcheggiato la macchina e da lì abbiamo intrapreso un percorso a piedi veramente bellissimo, durato in tutto circa un’ora. I primi resti che si incontrano, si trovano nel centro del caratteristico paesino e sono di un acquedotto romano e di un edificio veneziano con dei grandi archi. Da lì abbiamo proseguito tra i viottoli seguendo le frecce dipinte a mano sui muri delle case e camminato lungo un sentiero in salita costellato di piante di finocchietto selvatico, fino ad arrivare in alto alla Chiesa dei 99 Santi Padri, chiusa al pubblico. Questo è un luogo davvero incantevole! La chiesa si erge al centro di una piccola pianura, ricca di antichi resti di templi e di case, da cui si gode la prima magnifica vista sul mare e sulle montagne. Dopo varie foto e alcuni piacevoli incontri con farfalle multicolore, caproni annoiati e asinelli, abbiamo continuato il nostro cammino verso il pezzo forte del sito di Polyrrinia, l’Acropoli. Il sentiero che parte da lì inizia abbastanza blando, costeggiando le pareti dell’aspra collina e passando accanto ai primi resti di mura fortificate, per poi farsi più ripido mano a mano che si sale in altezza. A metà strada circa abbiamo incontrato una chiesetta bianca e color mattone e delle autentiche cisterne romane. All’epoca, lo scopo di queste ultime era, naturalmente, quello di raccogliere l’acqua che veniva utilizzata nell’Acropoli, poichè dall’acquedotto del paese non sarebbe stato possibile farla arrivare fino a lassù. Proseguendo ancora per il ripido percorso, siamo finalmente arrivati in cima, a circa 400 metri di altitudine, su quella che fu la roccaforte di tanti popoli e guerrieri! Da lì si possono vedere i molteplici resti delle fortificazioni antiche, soprattutto quelli che si snodano sulla parete settentrionale del colle. Ma la nota più intensa viene data dalla vista di cui si gode: una delle più belle di tutta Creta!! A nord il mare sconfinato e a sud le maestose montagne dell’entroterra… da pelle d’oca!!

Siamo rimasti un bel po’ seduti a rimirare quel panorama senza tempo, domandandoci quanta fatica devono aver fatto gli uomini di allora a trasportare fin lassù pietra dopo pietra, a realizzare queste mura chilometriche, inerpicandosi tra i massi e le sterpaglie, con i mezzi nulli dell’epoca. Ogni volta che ci avventuriamo in questi luoghi, non possiamo evitare di restare molto più che affascinati e allibiti davanti alle capacità e alle risorse incredibili delle civiltà antiche.

Soddisfatti, dunque, siamo pian piano scesi dal colle e siamo tornati in paese, proseguendo sul sentiero che passa oltre la chiesa dei 99 Santi e che attraversa altre rovine di cisterne, case scavate sulla roccia e templi.

A quel punto abbiamo lasciato Polyrrinia e ci siamo avviati verso un’altra meta, la spiaggia di Afrata, questa volta però con l’obiettivo “relax”. La strada da percorrere è quella verso la penisola di Rodopou che si trova sulla costa nord-ovest, tra Chania e Kissamos. Prima di crogiolarci al sole però, tappa d’obbligo: pranzo in taverna! Abbiamo scelto un posticino nel paese di Afrata, dal nome non nuovo per noi, poiché era lo stesso della taverna di Frangokastelo: “Kalì Kardià” (in italiano “Buon Cuore”). L’ambiente era davvero accogliente: fiori coloratissimi, zucche dipinte appese al soffitto, staccionata ed infissi di un intenso “blu Grecia” e Kostas, l’anziano proprietario, creatura di una gentilezza e un’ospitalità rare! Il cibo poi… ovviamente formidabile!! D’altronde, da tanta cura e passione non possono in alcun modo uscire piatti mediocri!

Dopo due chiacchiere con l’adorabile vecchietto, a cavallo del nostro vespino ci siamo diretti subito al mare, per ritrovarci immersi in un’altra bellezza, ancora diversa da tutte le altre viste finora, come capita spesso qui a Creta. Niente sabbia, ma ciottoli sulla spiaggia, che diventano più grandi una volta che ti immergi nelle limpide e fresche acque. Larga non più di 30 metri, Afrata è accoccolata tra le irte pareti rocciose tipiche della penisola di Rodopou, offrendo ai fortunati bagnanti un piccolo angolo di pace e di serenità.

Anche noi, quindi, ci siamo fatti viziare per qualche ora da quest’atmosfera rilassante e, dopo vari bagni, ci siamo riavviati verso casa, portandoci via un altro bel tassello del nostro prezioso puzzle cretese…