Gòrtyna: la capitale romana di Creta

Il mese di Dicembre quest’anno è particolarmente mite sull’isola e ci sta regalando moltissime giornate di sole, con massime intorno ai 20-22 gradi. Approfittando quindi di tanta clemenza, abbiamo deciso di tornare a visitare un luogo meraviglioso che avevamo visto anni fa e che ci è rimasto nel cuore: Gortyna, il sito archeologico più grande di Creta, l’antica capitale Romana dell’isola.

Questo splendido sito si trova a sud, nel distretto di Heraklion, a circa 2 ore e mezza di auto da Chania. Nonostante il primo insediamento risalga al 3.000 a.C., fu sotto l’Impero Romano, in particolare tra il I e il II secolo d.C., che questa città fiorì e diventò potente e prosperosa. Al tempo ospitava più di 50.000 abitanti e tante diverse religioni convivevano in essa.

I resti che si possono visitare a Gortina risalgono a diverse epoche, ma la maggior parte sono appunto opere Romane. La visita si può dividere in 2: la prima parte comprende il sito archeologico “ufficiale” che prevede un biglietto d’entrata di 6 €. La seconda è quella “non ufficiale”, ma più ricca, e si trova al di là della strada, immersa negli ulivi.

Partiamo dalla prima, quella a pagamento…

La prima cosa che si vede entrando nel sito sono i resti dell’imponente Basilica bizantina di San Tito (VI sec. d.C), di cui oggi si possono ammirare l’abside e le due cappelle laterali. Proseguendo verso nord si arriva al punto forte di quest’area archeologica, ossia l’Odeion Romano (I sec. a.C.), un teatro semicircolare, che ospitava eventi musicali e poetici. Alle spalle di questo, all’interno di un edificio dei primi del ‘900, si trova inciso sulla pietra il famoso Codice di Gortyna (IV sec. a.C.), ossia il primo codice di leggi della storia Greca. Scritto in un antico idioma, tratta per lo più di diritto di famiglia. Proseguendo verso nord, non lontano dall’Odeion, all’ombra di un platano sempreverde, la storia incontra la mitologia. Si narra che Zeus, innamoratosi perdutamente della principessa Europa, si trasformò in un toro bianco, la sedusse, la rapì e la portò in groppa dal Libano a Creta attraversando il mare a nuoto. Qui, sotto i rami di quel platano, le confessò la sua vera identità e consumarono la loro passione. Da questi incontri amorosi nacquero i loro 3 figli, nonché successivi re minoici, Minosse, Radamanto e Sarpedonte. Si narra che, da quel momento in poi, il platano, fino ad allora caducifoglie, si trasformò in un albero sempreverde. Naturalmente, come sempre, una spiegazione c’è ed è che esiste una rara specie di platano che è appunto sempreverde, di cui esistono poche decine di esemplari a Creta. Nonostante questo sia risaputo, fino a poco tempo fa, quando l’albero non era ancora protetto da una recinzione, molti cretesi venivano qui e staccavano una foglia, poiché pare fosse di buon auspicio per una sicura e buona procreazione… gli uomini non sanno proprio resistere al fascino dei miti e delle leggende 😉 …

Ma torniamo alla storia, quella vera, e proseguiamo nella parte “selvaggia” del sito…

Abbiamo usato il termine “selvaggio” perché, effettivamente, andare alla ricerca di questi resti è un po’ un’avventura in mezzo alla natura. Attraversiamo la strada all’uscita del sito ufficiale e seguiamo i cartelli per “Tempio delle Divinità Egizie” e “Pretorium” che indicano di proseguire a piedi nel bel mezzo degli ulivi. Qui, vi dovete armare di un po’ di pazienza e possibilmente di una buona guida che vi aiuti a districarvi nel dedalo di sentieri e di resti presenti in quest’area ricchissima. Vi troverete infatti a scoprire, mano a mano che camminate, varie recinzioni al cui interno c’è tutto un mondo di resti romani e non, tra cui templi, case, bagni pubblici, statue, anfiteatri, ecc.. Il Tempio delle Divinità Egizie (I-II sec. d.C.) è il primo che troverete seguendo queste indicazioni, per poi imbattervi nel Tempio di Apollo (VII sec. a.C.) e nel vasto Pretorio (II sec. d.C.), sede amministrativa della città, ma anche luogo sacro ed abitazione privata del Pretore. Tutta quest’area è stata il cuore religioso di Gortyna per secoli e, nonostante sia stata distrutta più volte da forti terremoti e che oggi siano arrivati a noi solo dei resti della magnificenza di questi edifici, l’atmosfera che si respira passeggiando lì attorno è molto speciale: un insieme di misticismo, senso di grandezza, ammirazione e memoria del passato. Proseguendo a nord si incontrano, infine, il Ninfeo, complesso di bagni pubblici del II sec. d.C., luogo molto amato dagli antichi romani, e l’anfiteatro (fine II sec.).

Questo è il nostro racconto di oggi, cari amici di Microcosmo Creta. Per chi alloggia nell’area di Chanià, Gortyna non è un luogo che si trova dietro l’angolo di sicuro, ma è comunque una gita fattibile in giornata. Soprattutto per gli appassionati di archeologia e di storia romana (ma non solo ;-)), crediamo sia una visita imperdibile e indimenticabile, nonché il più bel sito archeologico di tutta Creta.

Villa Renier, ulivo di Palea Roumata e gola di Vavouledo: luoghi autentici nel cuore di Creta

Qualche settimana fa sono venuti a trovarci Alessia e Christof, una coppia di amici che da un anno sono diventati i fieri proprietari del ristorante e alloggio turistico “Damarco” (www.damarco.net), situato nelle Prealpi Vicentine, al Cerbaro di Schio (VI). Essendo come noi appassionati di viaggi e di luoghi sconosciuti da scoprire, abbiamo intrapreso con loro questa mini avventura nel cuore dell’ovest di Creta. Destinazione: Palea Roumata, alla ricerca di un’antica magione Veneziana, di un ulivo millenario e di una gola immersa nel bosco.

Siamo partiti al mattino e la nostra prima tappa è stata quella al monumentale ulivo di Palea Roumata. Dico “monumentale” perché così definisce la SEDIK (Associazione dei Comuni delle Olive di Creta) tutti gli ulivi dell’isola che hanno tronco e cavità di una certa dimensione. Lo scaltro vecchietto di “appena” 3.000 anni, infatti, fa una spietata concorrenza al ben più conosciuto ulivo di Pano Vouves (Vedasi articolo “Ulivo di Pano Vouves e Chiesa La Rotonda”), superandolo in realtà in diametro (m 4,30) e perimetro (m. 10,50). Trovarselo davanti è un’esperienza indimenticabile. E’ quasi impensabile che la natura possa partorire qualcosa di così maestoso, perfetto e inattaccabile dal tempo, dalle intemperie e dall’uomo. Il suo enorme tronco cavo, al cui interno entravamo comodamente tutti e quattro, è stato utilizzato dalla gente del posto durante l’occupazione Turca per nascondere le armi. Nel 1941 poi, durante l’occupazione Tedesca, era diventato un punto di incontro del “Concilio” del villaggio, per discutere le tattiche di resistenza al nemico. Anche le armi della battaglia di Anavos contro i tedeschi sono state infatti ritrovate dentro la cavità dell’ulivo. L’ area in cui si trova è davvero splendida, verdeggiante, piena di aranceti e di altri ulivi anch’essi possenti e molto antichi… un luogo davvero speciale!

Dopo vari scatti per immortalare il nostro passaggio, ci siamo inoltrati nelle stradine di Palea Roumata alla ricerca della magione Veneziana. Devo ammettere che, a prima vista, Villa Renier sembra tutto fuorché un’antica e lussuosa abitazione di un nobile Veneziano del 1.200. Questo perché della sua veste originaria è rimasto poco. La casa, infatti, nei secoli è passata di famiglia in famiglia (oltre ad essere stata presa dagli Ottomani appena dopo la loro occupazione) e ognuno l’ha ristrutturata e adattata alle esigenze delle varie epoche. Oggi il primo piano della villa è abitato dagli attuali proprietari e l’unico segnale evidente dall’esterno del suo antico utilizzo è lo stemma della famiglia Renier, posto sopra alla porta d’entrata. Il piano terra, invece, è stato adibito ad oleificio. Qui siamo riusciti ad entrare grazie ad un vicino di casa che, incuriosito dalla nostra presenza, si è avvicinato e ci ha fatto da guida. E’ stata una bella sorpresa vedere che, tra i macchinari per la spremitura e i sacchi di olive, i bellissimi archi originali sono stati conservati e mantenuti intatti. Gli anziani e simpatici proprietari, come anche altri vicini, non hanno tardato a farsi vedere per fare gli onori di casa. Come sempre l’accoglienza cretese non si smentisce e, dal nulla, ci siamo trovati nel bel mezzo di un “aperitivo” improvvisato in cortile, a base di rakì (grappa locale) e castagne!

Sono appena le 11:30 di mattina e, prima di farci prendere troppo la mano, salutiamo l’allegro gruppetto e lo ringraziamo per la consueta ospitalità. Ci avviamo così a piedi verso l’entrata della Gola di Vavouledo. Dopo circa mezz’ora a piedi su strada asfaltata, imbocchiamo questo sentiero sterrato che in un’oretta ci avrebbe riportati al villaggio da dove siamo partiti. La passeggiata è molto piacevole e adatta a chiunque. Immersi nel bosco e nella tranquillità, ce la siamo goduta con estrema calma, avvolti dai profumi e dai colori del paesaggio autunnale circostante.

Una giornata stupenda, dunque, anche questa volta con la fortuna di aver condiviso un pezzo di Creta con dei cari amici! A proposito, chi vive in Veneto (e non solo ;-), non manchi di far visita ad Alessia e Christof al Cerbaro! Il loro “Damarco” è non solo uno strepitoso ristorante vegetariano, ma anche un delizioso angolo di pace, immerso nella natura, da cui partono sentieri di montagna davvero affascinanti!

Ciao a tutti!!

Komolithi, Villa Trevisan e Ravdoucha: la magia di luoghi lontani dal turismo

In questi giorni fa caldissimo a Creta. In certi momenti si toccano i 36-37°. Le spiagge e le strade pullulano di turisti e noi siamo in piena stagione lavorativa. Nonostante però la calura e gli impegni, ci siamo ritagliati una giornata per farvi conoscere alcuni luoghi interessanti di questa zona di Creta, ma completamente al di fuori delle classiche rotte turistiche: le formazioni geologiche di Potamida, chiamate “komolithi”; i resti di una villa Veneziana del ‘500, Villa Trevisan e la piccola e solitaria spiaggia di Ravdoucha.

I KOMOLITHI DI POTAMIDA

Quando arrivi allo sperduto villaggio di Potamida, a circa 35km a ovest di Chania, e ti trovi davanti a quelli che i locali chiamano “komolithi”, per un attimo ti domandi: “Mi trovo in Cappadocia o a Creta?”. Queste bizzarre formazioni rocciose fatte di creta, infatti, sono molto simili a quelle che si vedono nella vicina Turchia, anche se, ovviamente, in misura molto più ridotta. Queste piccole colline, bianche come la neve, negli anni hanno assunto una forma conica, grazie al lavoro di erosione compiuto dal vento e dall’acqua. E’ stata davvero una bella sorpresa scoprire questo posto perché si tratta di un paesaggio unico, nella sua bellezza, originalità e stranezza. Sembra che ci siano solo due esempi di queste formazioni nel territorio cretese: a Potamida, appunto, e nell’isola di Koufonisi, ad est. Essendo facili da scalare, ci siamo fatti una passeggiata su e giù per queste montagnole che da lontano sembrano ghiacciai o cime innevate, mentre da vicino puoi toccare con mano la friabile e bianchissima creta che le compone. La pace più assoluta regna in questo luogo, circondato solamente dalle sparute case del villaggio, da alberi maestosi e da qualche pacifico cavallo al pascolo.

VILLA TREVISAN *

Nel villaggio di Kokkino Metochi, immersi nella vegetazione, all’interno di una stradina senza nessuna indicazione, si trovano i resti di quella che nel 1500 fu una splendida e sfarzosa magione estiva della nobiltà veneziana. La casa era strutturata su due piani: il piano terra era usato come magazzino, mentre il piano superiore come abitazione. Sono ancora ben visibili alcuni archi, le porte e la torretta. Inutile dirvi che l’immaginazione lavora molto di fronte a tali testimonianze del passato, quindi è stato facile immaginare una nobildonna affacciata a quella porta intagliata o la servitù che correva avanti e indietro dai magazzini sottostanti! Peccato solo che non sia valorizzata. Non l’avremmo mai trovata se non avessimo fatto un’approfondita ricerca su internet. Inoltre, per avvicinarci ad essa, abbiamo dovuto camminare attraverso le erbacce e gli arbusti. Il lato positivo di ciò è che il turismo non ha intaccato minimamente la purezza e l’autenticità di questo luogo magico.

SPIAGGIA DI RAVDOUCHA

Verso l’ora di pranzo ci siamo avviati verso la penisola di Rodopos, raggiungendo la spiaggia di Ravdoucha, a circa 20 km a ovest di Chanià. Sicuramente questo è un luogo ideale per chi vuole estraniarsi dal mondo e vivere delle ore di relax con la R maiuscola. Si raggiunge tranquillamente in macchina, attraversando una bellissima stradina immersa nel verde che ti lascia godere dall’alto alcuni panorami mozzafiato sul mare. La spiaggia è una piccola striscia di ciottoli di media grandezza, circondata da montagne, ulivi e un meraviglioso silenzio. Pochi i turisti sul posto: alcuni in acqua, altri distesi al sole, altri ancora a leggere un libro cullati dalle amache appese a degli alberi ombrosi. Alle spalle della spiaggetta c’è un piccolo parcheggio e un bar/ristorante con alcune camere al primo piano. Non sono presenti lettini e ombrelloni, ma ci si può comunque sdraiare all’ombra delle piante. Abbiamo passato a Ravdoucha un pomeriggio molto rilassante, tra una nuotata, una chiacchierata e una bella birra fresca 😉

Come vedete, non si finisce mai di scoprire un territorio, per quanto piccolo possa sembrare! Noi, di certo, non ci fermeremo mai…e voi ;-)??

Alla prossima!!

*Purtroppo, nell’inverno 2019-2020, gran parte della facciata principale della villa è crollata a causa dell’incuria e della mancanza di fondi utili alla ristrutturazione. Al momento, quindi, non si riesce a vedere molto della struttura originale della villa.

Birrificio artigianale Charma: qualità e passione per un prodotto tutto cretese

E’ primavera inoltrata qui a Creta. La Natura è in piena fioritura e noi siamo tornati per raccontarvi l’inizio di una nuova stagione che si preannuncia ricca di sole e di nuove esperienze. Nel racconto di oggi vi parliamo di un luogo particolare, nato dall’amore del suo creatore per l’isola e per la birra: il birrificio artigianale della Charma Beer (in greco: Χἀρμα).

Partiti in Vespa in una giornata calda e limpida, in circa mezz’ora arriviamo al villaggio di Zounaki, dove si trova la Cretan Brewery, un piccolo birrificio cretese che occupa una superficie di circa 2.000 m², immerso nel silenzio e nel verde degli aranceti e degli ulivi. Il giorno prima avevamo prenotato tramite il loro sito internet (www.cretanbeer.gr) un tour guidato nel sito produttivo, con degustazione finale di 4 tipi di birra, al prezzo di 7€/persona. Non è obbligatoria la prenotazione, ma per essere sicuri di arrivare e fare subito il tour, è sempre meglio fissarlo se si ha la possibilità.

L’edificio si compone di una zona cucina/bar e di un’ampia e bellissima terrazza con vista sugli aranceti, dove ci si può sedere a mangiare, bere, degustare e godersi un momento di relax. A fianco c’è la piccola fabbrica vera e propria, ben integrata nell’ambiente circostante. Nel breve tour guidato, impariamo molte nozioni interessanti sulla produzione di questo nettare tutto cretese. Ciò che ci ha colpito maggiormente è che il processo di fermentazione avviene nel modo più naturale, eco-sostenibile e lineare possibile.

Le materie prime, ad esempio, sono di altissima qualità e, dove possibile, provenienti dal territorio locale. L’acqua viene direttamente dalla sorgenti naturali dei Monti Bianchi e l’orzo, in buona parte, è greco. La birra che viene prodotta è fresca, ossia non filtrata e non pastorizzata. Questo significa che, oltre ad avere un gusto pieno e saporito, conserva tutti i nutrienti delle materie prime con cui è stata creata.

Riguardo al processo di produzione, tutto è stato studiato per avere il minor impatto ambientale possibile. Il calore è prodotto da pannelli solari e dalla combustione dei noccioli di ulivo ed il sistema di raffreddamento è geotermico.

Grazie all’installazione di nuovi e moderni macchinari avvenuta nel 2015, sono riusciti ad ottimizzare il consumo di acqua necessaria per la produzione della birra, riducendolo di metà rispetto ad un normale, tradizionale birrificio. Insomma, dobbiamo dire che questa piccola e innovativa realtà imprenditoriale ci ha stupiti in positivo! L’attenzione ai particolari, all’ambiente, alla qualità ed al cliente sono sicuramente dei pregi che bisogna riconoscere loro.

A questo punto, domanderete voi, ce lo volete dire o no come sono ‘ste birre?? Ebbene, a fine tour, ci sediamo ad un tavolo della terrazza e, ad uno ad uno, ci vengono serviti questi 4 assaggi di birre da 100ml ciascuno, accompagnati da un piattino di crostini locali e da una breve spiegazione del prodotto. Siamo partiti con la bionda classica, la Charma Lager, dal gusto un po’ floreale e fruttato… deliziosa!!! Siamo passati a quella che viene chiamata Grape Ale o Wine Beer, poiché ha la particolarità di essere fermentata con l’uva proveniente da un’azienda vinicola del posto… davvero originale! Il terzo assaggio ha visto protagonista la Pale Ale, dal colore più ambrato: gli amanti delle birre amarognole impazziranno per questa! Infine, abbiamo terminato la degustazione con la Dunkel, la birra scura. Fermentata in perfetto stile bavarese, mantiene vive le note di caffè e cioccolata, provenienti dall’orzo nero belga utilizzato per la sua produzione (per tutti i segreti sulla degustazione delle birre CLICCA QUI).

Al solo riparlare, anzi riscrivere di questa giornata, ci viene un’incredibile acquolina in bocca… a voi no?? Qui termina la nostra personale esperienza al birrificio artigianale cretese. Di sicuro è un modo, anche per chi viene qui in vacanza, per trascorrere un paio d’ore “alternative” e… goderecce ;-).

A presto!!

Aradena e Marmara: la perfetta simbiosi tra mare e montagna

Vi stiamo per raccontare una delle più belle escursioni che abbiamo fatto a Creta da quando viviamo qui, che vede come protagonisti la splendida gola di Aràdena e l’incantevole spiaggia di Màrmara.

Partenza da casa: ore 7 del mattino. Arrivo: ore 8:15 al villaggio di Sfakià (o Hòra Sfakìon), nella costa sud. Lì parcheggiamo la macchina e alle 9 prendiamo il pulmino diretto al villaggio abbandonato di Aràdena. Dopo circa 20 minuti di autobus e svariati tornanti a picco sul mare, arriviamo al ponte di Aràdena che collega il lato est della gola al lato ovest. Questo ponte di ferro è famoso per il bungee jumping poiché nei fine settimana estivi gli amanti di quest’attività spericolata si lanciano dai suoi 138 metri di altezza; è infatti il più alto ponte della Grecia ed il secondo in Europa da cui si può provare il brivido del saldo con la corda elastica. Prima della sua costruzione negli anni ’80, chi voleva andare da una parte all’altra della gola doveva scendere a piedi fino al letto del canyon attraversando una ripida e panoramica mulattiera pavimentata con acciottolato (in greco “kalderimi”) per poi risalire dall’altra parte, inerpicandosi per un altro sentiero identico ed altrettanto ripido… si fa fatica anche solo ad immaginarlo, figuriamoci a farlo!!! Per fortuna ora c’è questo ponte e noi lo attraversiamo in pullman, non senza tenere il fiato sospeso a causa del vuoto che si apre sotto di noi. Giunti dall’altra parte, dopo qualche foto al panorama, ci incamminiamo verso l’entrata della gola. Passiamo attraverso gli interessanti resti di un’architettura cretese del passato, facenti parte dell’antico villaggio di Aràdena, abbandonato dagli anni ’50. Il motivo di questo abbandono sembra essere stata una faida nata tra le famiglie del paese stesso a causa della… campana di una capra :-D!! Un cartello di legno inciso a mano ci introduce all’imbocco del kalderimi che ci avrebbe portati di lì a poco giù giù giù, fino alle viscere della gola. Ci godiamo questa splendida ma ripida discesa a zig zag e dopo circa 20 minuti arriviamo in fondo, iniziando a percorrere la gola vera e propria. Da lì, per circa 2 ore, affrontiamo una delle più affascinanti, varie e suggestive camminate della nostra esperienza cretese. Si passa da punti in cui il sentiero è ampio e agevole ad altri in cui bisogna passare in mezzo a pertugi scivolosi tra le grandi rocce, fino a dover costeggiare il letto scosceso del fiume percorrendo un saliscendi di gradini scavati nella roccia e delimitati da un corrimano di legno. Dietro ad ogni curva il paesaggio cambia: il canyon si apre e si restringe, la vegetazione quasi scompare e poi riappare super rigogliosa, la roccia si fa più liscia e sdrucciolevole e poco dopo diventa aguzza e irregolare. Insomma, è davvero impossibile annoiarsi durante questo percorso! A volte non si sa dove andare e poi, dietro ad un albero o sopra un masso, si trovano le torrette di sassi lasciate dagli altri escursionisti oppure i segnali verdi e rossi dipinti che indicano la strada da seguire. Naturalmente, come avrete intuito, è sconsigliato per chi non è abituato a camminare, per chi ha problemi alle ginocchia, per anziani e bambini piccoli, quindi valutate bene la fattibilità prima di affrontarlo, se ne avrete l’occasione.

Questo magnifico e indimenticabile trekking ci conduce, dopo circa 2 ore e mezza (considerando le pause per acqua, spuntini, foto e video) e 600m di dislivello, dritti dritti al mare, al turchese e cristallino Mar Libico, da noi incontrato e apprezzato più volte in questi 3 anni. Il piccolo gioiello che risplende davanti ai nostri occhi è la spiaggia di Màrmara. Come quasi tutte le spiagge sud occidentali dell’isola è costituita da ciottoli di piccola e media grandezza. In questa stagione è ancora attrezzata con alcuni lettini ed ombrelloni e la tavernetta situata sul promontorio accanto serve buon cibo greco e bevande a tutti i bagnanti, permettendo loro di godere di una vista sulla baia dalla quale non vorresti mai staccarti! Non facciamo a tempo a toglierci le scarpe e gli abiti impolverati che siamo già immersi nelle profonde e fresche acque e assaporiamo il tanto agognato bagno ristoratore dopo le fatiche della scarpinata. Tra l’altro, sulla destra guardando la spiaggia dal mare, si sviluppa tutta una serie di piccole grotte dentro le quali si può fare del fantastico snorkeling… e anche noi ne approfittiamo naturalmente!

Dopo pranzo, ci sdraiamo sotto l’ombrellone e crolliamo dal sonno per un’ora buona! Alle 17:30 una barca da circa 20 posti ci aspetta per portarci, in mezz’ora scarsa, solcando a ritmo sostenuto il blu del Mar Libico, a Sfakià e quindi alla nostra auto.

Giornata splendida, indimenticabile davvero! Ci auguriamo che le nostre parole, le foto ed i video abbiano reso giustizia all’intensità della bellezza di questo posto e alle emozioni che ha provocato in noi…

A presto!

Kambos e Platanakia: un’escursione “into the wild”

Spesso le persone che vengono in vacanza a Creta ci chiedono: “Dove possiamo trovare una spiaggia deserta?”. In alta stagione è praticamente impossibile trovarne una, ma noi questa volta ci siamo riusciti, anche se, come tutte le cose belle e preziose, raggiungerla ha richiesto tempo e fatica!

Siamo partiti al mattino e, dopo circa un’ora di macchina, siamo arrivati al piccolo villaggio di Kàmbos. Qui abbiamo parcheggiato l’auto e abbiamo subito imboccato il sentiero che parte dalla piazzetta del paese segnalato da una freccia. All’inizio è stretto e, in alcuni punti, un po’ scosceso. Poco dopo si apre e per qualche centinaio di metri si cammina piacevolmente e in tranquillità in mezzo agli ulivi e ai peri. La parte più interessante inizia dopo circa mezz’ora di cammino, quando ci si addentra nella gola di Kàmbos . Di indicazioni non se ne trovano più ed è necessario un po’ di intuito per capire la direzione da prendere, soprattutto quando si inizia a costeggiare il letto del torrente, attualmente in secca. Quello che aiuta in certi punti è seguire delle piccole torrette fatte di sassi, chiaro segnale del passaggio umano. Come volevasi dimostrare, noi siamo riusciti a sbagliare strada e per un tratto ci siamo dovuti arrampicare su delle rocce giganti, per poi fare uno slalom tra gli intricati rami degli alberi e i cespugli spinosi. Non ci siamo fatti mancare (solo Enrico a dire il vero :-D) nemmeno un bel ruzzolone in perfetto stile fantozziano… che avventura! … E che ridere!!

L’incidente di percorso non è riuscito, però, a distoglierci dallo spettacolo ipnotizzante della Natura attorno a noi. Il tutto era reso ancora più magico dal fatto di essere completamente soli, immersi nel verde di castagni, ulivi e carrubi, dovendo stare attenti a non calpestare le pianticelle di origano selvatico in fiore, riuscendo a malapena a sentire i nostri passi poiché coperti dal suono potente e costante delle cicale. Non capita tutti i giorni di poter godere di uno spazio ancora così inviolato e in cui puoi davvero fermarti e far pace per un po’ con le tue preoccupazioni e coi problemi del quotidiano.

Crogiolandoci così in queste belle sensazioni, una volta ritrovato il sentiero tracciato, siamo usciti dal sottobosco e abbiamo proseguito su una strada sterrata che, metro dopo metro, ci rivelava scorci di mare all’orizzonte. Ad un certo punto ci è apparsa in lontananza, in tutta la sua bellezza selvaggia, la spiaggia di Platanàkia, meta del nostro trekking. In circa 1 ora e 40  di camminata totale (senza contare i 15 minuti che abbiamo perso sbagliando strada!) siamo giunti a destinazione. Avete presente Robinson Crusoe? Ecco, noi quel giorno ci siamo sentiti un po’ come lui, con la differenza che avevamo scorte di acqua e cibo nello zaino ;-D. Eravamo solo noi due, su quella riva aspra e assolata, i cui grandi ciottoli affondavano nel blu del mare di Creta che quel giorno, quasi a voler rendere l’atmosfera ancora più “wild”, ha sfoggiato delle onde davvero impetuose! Appena arrivati ci siamo subito guardati attorno alla ricerca di un albero per ripararci dal sole, ma niente, non ce n’era uno in tutta la spiaggia! Ad un certo punto, sulla sinistra, tra due grandi rocce, scorgiamo un riparo rudimentale abbozzato da qualche sant’uomo passato di lì prima di noi, fatto con dei robusti rami secchi raccolti nei dintorni. Ci siamo subito sistemati lì sotto a goderci il nostro pranzo al sacco, ammirando la maestosità e i colori del mare e delle sue onde che si scagliavano sul bagnasciuga.

Dopo qualche ora, passata prima a rifocillarci e poi a riposare e rinfrescare le stanche membra, abbiamo affrontato la risalita per tornare alla macchina (circa 2 ore). Sicuramente non è stata tra le più facili, in quanto abbastanza lunga e per la maggior parte sotto il sole. Questa volta, però, abbiamo imboccato il sentiero giusto e lo abbiamo mantenuto fino alla fine! I nostri consigli per chi si vuole avventurare in questa zona sono: 1. Indossare scarpe da trekking e berretto 2. Portare sufficienti scorte d’acqua 3. Seguire con attenzione il percorso tracciato 4. Non portare con sé bambini piccoli 5. Percorso adatto solo a chi è abituato a camminare in montagna.

Detto questo, chiunque si senta pronto e invogliato a provare quest’esperienza, siamo sicuri che non se ne pentirà!

Jeep Safari a Creta: un’escursione fuori…strada!

Come sapete, a noi piace andare sempre a caccia di nuove esperienze e nuovi percorsi, sia per soddisfare la nostra sete di conoscenza e la nostra curiosità, sia per poter dare a voi viaggiatori ed amici che ci venite a trovare interessanti ed alternativi spunti per la vostra vacanza. Quella che vi raccontiamo oggi è un’escursione fuori dall’ordinario, a bordo di un fuoristrada Mitsubishi Pajero da 7 posti, guidato dal simpatico Nassos che, oltre ad essere un buon autista, si è rivelato anche un’ottima guida (in lingua inglese), conoscitore dell’isola, delle sue tradizioni e della sua natura.

Verso le 9 del mattino è passato a prenderci sotto casa e subito dopo la stessa cosa ha fatto con una ragazza canadese e una coppia di norvegesi che alloggiavano qualche km più ad ovest. Per la prima mezz’ora abbiamo attraversato una strada secondaria molto bella, costellata di aranceti e piante di avocado, immersa nel verde e nella tranquillità. Lungo il tragitto, Nassos ci ha spiegato alcune cose sulla coltivazione locale di questi frutti e sulla loro vendita. Imboccata la gola di Thèriso o di Elefthèrios Venizèlos, ci siamo fermati ed abbiamo proseguito a piedi per circa un quarto d’ora per poter godere della frescura di quella zona, della meravigliosa natura circostante e della compagnia delle scattanti caprette cretesi. Risaliti in macchina, siamo giunti al caratteristico villaggio di Therisso, molto amato dagli abitanti di Chanià, sia per la bellezza e la tranquillità del luogo, sia per quello che storicamente rappresenta. Nassos ci ha raccontato infatti che qui, nel 1905, ebbe luogo la Rivoluzione Cretese che portò Creta, al tempo stato indipendente, ad unificarsi alla Grecia. La rivoluzione fu iniziata da un gruppo appassionato di cretesi, guidati dall’allora giovanissimo e intraprendente Elefthèrios Venizèlos. Costui, successivamente, fu nominato Primo Ministro greco per ben 7 volte consecutive, guadagnandosi, grazie al suo operato e alla sua grande personalità, il rispetto e l’ammirazione di tutto il popolo greco, fino ai giorni nostri. Oggi lo considerano, infatti, il personaggio storico più importante della nazione dopo gli Antichi Greci.

Dopo una breve passeggiata per il centro del villaggio, abbiamo fatto sosta in una delle tipiche taverne presenti in loco per uno spuntino tutto cretese, a base di pomodori freschi, formaggio di pecora locale (gravièra), olive e crostini all’orzo (paximàdia). Il bello però doveva ancora arrivare. La nostra meta principale, infatti, non ve l’abbiamo ancora svelata. Dopo esserci rimessi in strada con la nostra jeep, dopo circa 15 minuti, ci siamo immessi in una stradina sterrata che solo con un mezzo come quello su cui viaggiavamo si poteva attraversare. Per circa 20-30 minuti, lasciandoci alle spalle ogni segno di vita e di insediamento umano, abbiamo “ballato” su questo percorso “off road” davvero straordinario. Di lì a poco ci si è parato davanti un panorama pazzesco, con delle splendide montagne, una vegetazione completamente diversa rispetto a quella di mezz’ora prima, una vista sconfinata sul mare e sui paesi della costa. Tutto questo per giungere dove tutti aspettavamo con ansia di arrivare: al rifugio dei pastori cretesi. Nassos ci ha introdotto alla spiegazione del posto dicendo: “Premetto che non siamo arrivati in Afghanistan o in Pakistan, ci troviamo sempre a Creta, in Europa”. In effetti, la sensazione era proprio quella di essere stati catapultati a casa dei pastori nel bel mezzo di una sperduta regione afghana o qualcosa di simile. In quest’area esistono ancora 3 di questi rifugi, costruiti solamente con le pietre ed i materiali presi dal terreno circostante. Qui, alcune famiglie del luogo, si tramandano da centinaia di anni le tecniche, i segreti e l’amore per la pastorizia, per le loro 700 pecore e per la creazione e la lavorazione dei formaggi tradizionali cretesi: il gravièra, la mizìthra e l’anthòtiro. Arrivati in loco, abbiamo visitato uno di questi minuscoli rifugi, il cui nome tradizionale greco è Mitàto. All’interno di questo, ogni estate, i pastori si trasferiscono per un periodo da va da 1 a 3 mesi, e lavorano, controllano e custodiscono con cura i loro deliziosi formaggi durante il periodo di stagionatura, per poi venderli solo ed esclusivamente a poche e fortunate famiglie di amici e conoscenti. Ogni mattina, verso le 8, attirano lì con del cibo extra il loro folto gregge che per tutto il giorno e la notte precedenti hanno pascolato e vagabondato per le montagne circostanti. Dopo averle fatte mangiare, le spingono verso un percorso obbligato che le porta dritte sotto ad una copertura di legno, al punto in cui il pastore le munge ad una ad una. Nassos ci ha spiegato che per fare ciò, lui usa ancora la tecnica tradizionale. Si piega ad angolo retto in direzione del gregge, la pecora passa sotto le sue gambe, lui la blocca tra le ginocchia e la munge. Per non affaticare troppo la schiena, si sostiene il busto con un copertone sgonfio appeso ad una corda che pende dal soffitto: un rudimentale, ma utilissimo brevetto :-D! Una volta finito, le pecore possono dissetarsi con l’acqua sorgiva che i pastori raccolgono per loro in alcune vasche e riprendere poi il loro pascolo sulle montagne! Queste sono solo alcune delle interessantissime informazioni che la nostra guida ci ha fornito durante la visita. Il luogo, situato nel bel mezzo del nulla, è davvero incredibile e sembra possedere un’anima propria.

Dopo aver scattato qualche bella foto, quasi a malincuore, abbiamo dovuto lasciarlo, ma il pensiero di tornare a Therisso per goderci un fantastico pranzo a base di piatti tipici ci ha sicuramente tirato su il morale. Una volta riempita la pancia, a pochi metri dalla taverna, abbiamo visitato il piccolo museo di Elefthèrios Venizèlos, allestito all’interno dell’edificio che, al tempo della rivoluzione, fu il suo quartier generale. Qui si può vedere la bandiera originale utilizzata dai rivoluzionari nel 1905.

Lasciato Therisso, ci siamo fermati prima ad una sorgente naturale di acqua, all’altezza di Mesklà, e poi al villaggio di Vatòlakkos dove abbiamo potuto visitare un altro piccolo museo, questa volta dedicato all’ “oro cretese”, l’olio d’oliva, situato all’interno di un ex frantoio del XIX secolo. Il tutto, ovviamente, sempre condito dalle ricche spiegazioni di Nassos.

Siamo stati davvero entusiasti di quest’esperienza vissuta al di fuori di qualsiasi rotta turistica. L’agenzia di Nassos propone svariate escursioni simili a questa, tutte caratterizzate da percorsi fuori strada sulle montagne e da luoghi solitari e poco conosciuti in cui si può conoscere la vera ed autentica Creta. Noi di sicuro lo consiglieremo a chi verrà a trovarci e saremo lieti di fornire maggiori informazioni in merito, nonché di mettere in contatto Nassos con chiunque fosse interessato.

Imeri Gramvousa: l’isola dei pirati

Gramvousa. Se vi state chiedendo se avete già letto questo nome tra i nostri articoli, la risposta è “Sì”. Nel 2014, infatti, avevamo scritto un post che parlava della nostra visita alla spiaggia di Balos (vedasi “Balos: benvenuti allo spettacolo…della Natura!“) e avevamo nominato l’isola di Gramvousa in quanto sua “vicina di casa”, raccontando un po’ della sua storia e del modo in cui raggiungerla… solo via mare!

Oggi possiamo raccontarvi la nostra prima visita sull’isola, il cui nome completo è Imeri Gramvousa (in greco Ήμερη Γραμβούσα). L’occasione è stata quella di accompagnare  il folto ed allegro gruppo del CAI di Laives (BZ) che, avendo organizzato una vacanza-trekking a Creta in questo periodo, ci hanno chiesto un aiuto per la logistica e l’organizzazione di alcune delle loro escursioni. Noi siamo stati entusiasti di dar loro una mano e di aver fatto la nostra prima esperienza di “quasi” guide, accompagnandoli qua e là nei luoghi ormai da noi ben conosciuti dell’ovest di Creta. Premettiamo che una gita su una grande nave turistica, come questa che vi raccontiamo oggi, non è né il nostro né il loro ideale di escursione, che invece è rappresentato da viaggi un po’ più intimi, camminate in mezzo alla natura, lontani dal turismo di massa e che richiedano un po’ di fatica 😉 . Per poter visitare però entrambe le baie, Gramvousa e Balos, non avevamo altra scelta e quindi alle 10:40 del mattino ci siamo imbarcati. Bisogna dire che il tragitto in nave è comunque molto bello. Solcando il blu intenso del mare, si costeggia tutto il promontorio su cui è molto interessante osservare i segni del fenomeno geologico che interessa Creta da millenni e che, a causa dei movimenti della placca tettonica africana, la vede lentissimamente innalzarsi ad ovest e sprofondare a est. Questo innalzamento, lo abbiamo chiaramente visto nel punto in cui la montagna si erge dall’acqua, poiché caratterizzato da una lunga striscia nera orizzontale che mostra qual era un tempo il livello del mare. Dopo circa un’ora di traversata siamo approdati a Imeri Gramvousa. Ad accoglierci, ci attendeva un’acqua dalla trasparenza surreale ed una natura selvaggia. Pensate che tra le 400 specie vegetali che sono state registrate in quest’area, se ne contano 3 la cui esistenza è stata rilevata solo qui e in nessun altro posto al mondo! Sono una cipolla selvatica, una specie di margherita e una silene.

Vedendo che la maggior parte dei passeggeri, appena scesi dalla nave, si avviava subito verso i resti della fortezza veneziana che si trova a 137m di altezza, noi abbiamo deciso prima di girare intorno alla spiaggia e di goderci le bellezze del luogo: un’incredibile, sconfinata distesa di piante di agave, un relitto di una nave che spunta dal mare ed i colori delle acque cristalline della baia. Subito dopo anche noi ci siamo inerpicati sul ripido sentiero fatto di scalini in pietra che porta in circa 20 minuti sulla cima, dove c’è la fortezza costruita nel 1579 dai Veneziani. Siamo arrivati in cima accaldati e col fiatone, ma la vista che si godeva da lassù, dalle mura del castello, ha ripagato in pieno i nostri sforzi. Come vi avevamo già spiegato nel precedente articolo, Imeri Gramvousa è soprannominata “l’isola dei pirati”. Questo perché, durante la liberazione dall’occupazione turca, molti ribelli cretesi rifugiatisi lì condussero una vita da pirati e, secondo le credenze popolari, in qualche anfratto dell’isolotto, c’è ancora il loro tesoro nascosto… ma noi non l’abbiamo trovato purtroppo 😀 !!

Dopo un’ora e mezza di sosta siamo ripartiti per raggiungere Balos, dove siamo rimasti un paio d’ore prima di rientrare al porto di Kissamos. Sull’inimitabile bellezza, sulla particolarità, sui colori accesi del mare e sull’atmosfera magica di Balos abbiamo già speso abbastanza parole in passato. Possiamo solo aggiornarvi sul fatto che, negli ultimi due anni, il comune di Kissamos ha deciso di aumentare le misure di protezione di questo prezioso habitat naturale, inserito, insieme a Gramvousa, nel programma europeo Natura 2000. Sono stati così rimossi i bar e le taverne che erano presenti sulla spiaggia, come anche tutti gli ombrelloni ed i lettini fissi (chi va in nave può noleggiare a bordo un ombrellone per tutto il giorno). Se vi capita di andare in macchina e poi a piedi, quindi, munitevi di cibo, acqua, cappello e crema solare!

Dobbiamo ammettere che, alla fine, nonostante non siamo amanti di queste crociere organizzate per il turismo di massa, siamo rimasti molto soddisfatti dai posti che abbiamo visto e siamo molto contenti di aver conosciuto un altro favoloso e paradisiaco angolo di Creta.

Anche gli amici del CAI ne sono rimasti entusiasti e, al ritorno da Kissamos, si sono fermati tutti a Villa Anastasia, per salutarci e brindare con un bicchiere di vino! Ci auguriamo che questo sia solo l’inizio di grandi e belle collaborazioni con gruppi simili al loro che abbiano lo stesso spirito e che vivano la vacanza come piace a noi, cioè da viaggiatori e non da turisti.

Agios Nikolaos e dintorni: un week-end da “pecore nere”

Quest’anno la Pasqua Ortodossa e quella Cattolica coincidono, quindi anche a Creta, come in Italia, in questa settimana si respira aria di festa e di vacanze. Per le strade e nei negozi di Chanià tutti ci salutano dicendo “Καλό Πάσχα” (Buona Pasqua) e l’aria primaverile che si respira ti fa venire una gran voglia di passeggiate e nuove scoperte.

Così lo scorso week-end ci siamo detti: “Perché non andiamo a trovare i nostri amici e concittadini che vivono dall’altra parte dell’isola?”. Sì, avete letto bene: concittadini. Anna, Diego e Moreno sono tre vicentini che da circa un anno hanno scelto, come noi, di progettare il loro futuro nella bella Creta, trasferendosi nella zona di Eloùnda – Agios Nikòlaos, a nord-est dell’isola. Per la precisione, loro vivono in un villaggio tradizionale sui monti, di circa 60 abitanti, chiamato Skiniàs. A circa 3km dalle loro abitazioni, a Pàno Loùma, hanno aperto dallo scorso settembre un adorabile καφενείο greco (bar-caffetteria) in cui, oltre a proporre alcune bevande e stuzzichini tipici del posto, attirano moltissimi greci affamati e diversi turisti curiosi con un menù a base di bruschette e di italianissima pasta (anche fresca fatta in casa da loro!!). Inoltre offrono dell’ottima birra artigianale cretese alla spina (la marca è la Χἀρμα- Hàrma), sia bionda che scura.

Lo scorso sabato, quindi, abbiamo raggiunto, dopo 3 ore di auto, il loro “Μαύρο
Πρόβατο” (Màvro Pròvato)
, che in italiano significa “Pecora Nera” e abbiamo trascorso due giorni in loro compagnia. Possiamo dire che questo è decisamente il posto ideale per chi vuole passare qualche ora nella pace più assoluta: seduti fuori, sorseggiando una birra o un caffè, si può godere di una vista stupenda sulla vallata, che arriva fino al mare. In certi momenti, sembra quasi di vivere in un’altra epoca. L’ambiente è familiare, il cibo e la birra ottimi, i tre ragazzi sono davvero simpatici e ospitali… insomma, se passate da queste parti durante le vostre vacanze, non potete mancare una tappa al Màvro Pròvato!

Noi, però, non siamo andati da quella parte dell’isola solo per star seduti al bancone a mangiare e bere, nonostante l’idea non sarebbe stata malvagia :-D!! Le cose da vedere, anche in quella zona, sono moltissime e noi ne abbiamo scelte alcune di veramente interessanti. Prima di tutto abbiamo visitato il sito archeologico di Latò, a circa 20km da Eloùnda, uno dei pochi a Creta che non risale al Periodo Minoico. Nel VII secolo a. C. la città di Latò fu fondata dai Dori ed in poco tempo divenne una delle città più potenti di tutta Creta. Nel sito si possono vedere principalmente i resti dell’antica agorà, del tempio sacro, delle cisterne e di una gradinata. Come nella maggior parte dei siti archeologici di Creta, anche qui lascia senza fiato la posizione: un promontorio verdeggiante e silenzioso, con una vista spettacolare sulle montagne circostanti e sul mare in lontananza.

Lasciata Latò, ci siamo diretti verso la vicina chiesa di Panagìa Kerà, una meta davvero imperdibile per chi si trova in questa zona. All’interno di essa, infatti, si possono ammirare alcuni tra i più splendidi e ben conservati affreschi bizantini dell’isola, datati XIV secolo: uno spettacolo davvero raro qui!! (CLICCA QUI per saperne di più su Creta bizantina)

Una volta fatto il pieno di storia e di opere d’arte,  ci è venuta fame ed è così che abbiamo raggiunto la famosa cittadina di Agios Nikòlaos. Fino a 50 anni fa era solamente un piccolissimo porticciolo di pescatori, mentre ora è una meta turistica piuttosto richiesta che attira ogni anno decine di migliaia di turisti. Il centro è sviluppato attorno ad un piccolo lago collegato al mare e si amplia in un dedalo di viuzze costellate di negozi di souvenir e di artigianato locale, bar e taverne greche. Noi per pranzo abbiamo scelto, su consiglio dei nostri amici, il Karnàgio, una coloratissima taverna sul lago, molto frequentata dalla gente del posto, che ci ha fatto assaporare profumi e sapori locali che non deludono mai.

Il giorno dopo volevamo andare a visitare la bellissima isola di Spinalònga, che si trova di fronte al lungomare di Eloùnda. Nel 1579 i Veneziani fecero di quest’isola una straordinaria fortezza, di cui ancor oggi si possono ammirare i resti. Nei primi del ‘900, per circa 50 anni, divenne un lebbrosario e alcune delle storie che girano attorno a quegli anni bui, hanno ispirato un libro divenuto famoso, intitolato “L’isola”. Purtroppo il cielo era nuvoloso quel giorno e tirava un forte vento, quindi abbiamo rinunciato alla visita di Spinalònga e abbiamo optato per un giretto alternativo, nell’adiacente penisola di Kolokìtha. Dopo aver parcheggiato la macchina abbiamo camminato per un’oretta in queste bellissime lande solitarie, piene di fiori, piccole chiese e baiette nascoste. Il promontorio di Kolokìtha è collegato artificialmente a Eloùnda da una stradina costeggiata da saline e caratterizzata da vecchi mulini a vento diroccati e in disuso, come se ne trovano a decine in quest’area di Creta. Una volta lasciata la penisola, abbiamo passeggiato per le strade e il porto di Elounda, per poi tornare al Màvro Pròvato, per l’ultima birra in compagnia e per i saluti e i ringraziamenti ad Anna, Diego e Moreno.

E’ ora di salutare anche voi, cari followers di Microcosmo Creta, almeno per ora! Vi lasciamo con lo slogan del Màvro Pròvato: “You must be different to make the difference!”.

Buona Pasqua di cuore a tutti! Καλό Πάσχα! Happy Easter!

Spiagge di Grammeno: inaspettate sorprese tra boschi di cedri

Abbiamo scoperto la penisola di Grammeno leggendo una bellissima guida scritta da 2 nostri connazionali a cui spesso facciamo affidamento per conoscere nuovi angoli di Creta. A 70km a sud di Chanià e a 5km a est di Paleochora, nella costa sud-ovest, si trova un’area molto tranquilla che comprende due spiagge principali (Votsalo e Houma), varie baie minori e un basso promontorio ricoperto di cedri.

Votsalo è una lunga spiaggia di ciottoli, mentre Houma, quella da noi prescelta qualche giorno fa, è più piccola e sabbiosa, oltre ad essere molto graziosa ed immersa nella tranquillità. La giornata molto calda e le inconfondibili sfumature di azzurro del Mar Libico ci invitano subito ad un fantastico bagno, seguito da un’ora di relax al sole e da un pranzetto al sacco sotto l’ombrellone. A quel punto decidiamo di inoltrarci alla scoperta del bosco di cedri. La passeggiata si svolge tra candide dune sabbiose e centinaia di questi bellissimi alberi che ricoprono spesso le aree litoranee di Creta. Le orme umane di camminatori passati prima di noi, si dividono in varie direzioni e noi seguiamo senza alcuna meta precisa alcuni tracciati che ci ispirano di più. Dopo pochi minuti, arriviamo in prossimità di una grotta e ci arrampichiamo sulle rocce circostanti per ammirare la visuale del mare. Ed ecco aprirsi davanti a noi un ampio pavimento roccioso che arriva fino al mare e che, per via delle sue infinite cavità, ci ricorda molto le immagini della Luna che vediamo in TV! Lì osserviamo per la prima volta come fa la gente del posto a raccogliere il sale marino che poi vende al mercato cittadino. Riempiono quelle buche di acqua, pompata dal mare tramite dei lunghi tubi neri e poi ci posizionano delle reti a maglia larga che, mano a mano che l’acqua evapora, catturano il sale che si è cristallizzato su di esse.

Scendiamo dalle rocce e continuiamo la nostra passeggiata tra i cedri ed il percorso sabbioso. Ad un certo punto arriviamo in uno slargo in cui diverse e strane formazioni rocciose ci riparano dal mare aperto, formando grotte e, a volte, quel che sembra essere una rappresentazione di arte moderna. Superiamo alcuni di questi ostacoli appuntiti e, sorpresa sorpresa, ci troviamo di fronte a una vera e propria
piscina naturale! Le rocce si ergono ai lati per delimitarla e terminano in una grotta marina dalla quale si sente provenire il rumore delle onde del mare che si infrangono dall’esterno ed entrano portando con sé piccoli pesci. La tentazione è troppo forte: in meno di un secondo ci immergiamo in queste acque tiepide e la sensazione è quella di nuotare nella riproduzione ingigantita di un acquario, con tutte queste rocce, i muschi sul fondale, le cavità ed i piccoli branchi di pesciolini che escono da dove meno te lo aspetti… troppo bello!!

Entusiasti della nostra scoperta in solitaria, torniamo sul sentiero principale per concludere il giro del promontorio di cedri. Sulla strada incontriamo altre due baiette, frequentate solamente da qualche sparuto naturista e, anche lì, impossibile resistere a non fare un bagno :-)!! Che posti ragazzi! E che esperienza del tutto inaspettata!

Che dire… andateci se avete l’occasione, non ne rimarrete delusi!

A presto!!