Gòrtyna: la capitale romana di Creta

Il mese di Dicembre quest’anno è particolarmente mite sull’isola e ci sta regalando moltissime giornate di sole, con massime intorno ai 20-22 gradi. Approfittando quindi di tanta clemenza, abbiamo deciso di tornare a visitare un luogo meraviglioso che avevamo visto anni fa e che ci è rimasto nel cuore: Gortyna, il sito archeologico più grande di Creta, l’antica capitale Romana dell’isola.

Questo splendido sito si trova a sud, nel distretto di Heraklion, a circa 2 ore e mezza di auto da Chania. Nonostante il primo insediamento risalga al 3.000 a.C., fu sotto l’Impero Romano, in particolare tra il I e il II secolo d.C., che questa città fiorì e diventò potente e prosperosa. Al tempo ospitava più di 50.000 abitanti e tante diverse religioni convivevano in essa.

I resti che si possono visitare a Gortina risalgono a diverse epoche, ma la maggior parte sono appunto opere Romane. La visita si può dividere in 2: la prima parte comprende il sito archeologico “ufficiale” che prevede un biglietto d’entrata di 6 €. La seconda è quella “non ufficiale”, ma più ricca, e si trova al di là della strada, immersa negli ulivi.

Partiamo dalla prima, quella a pagamento…

La prima cosa che si vede entrando nel sito sono i resti dell’imponente Basilica bizantina di San Tito (VI sec. d.C), di cui oggi si possono ammirare l’abside e le due cappelle laterali. Proseguendo verso nord si arriva al punto forte di quest’area archeologica, ossia l’Odeion Romano (I sec. a.C.), un teatro semicircolare, che ospitava eventi musicali e poetici. Alle spalle di questo, all’interno di un edificio dei primi del ‘900, si trova inciso sulla pietra il famoso Codice di Gortyna (IV sec. a.C.), ossia il primo codice di leggi della storia Greca. Scritto in un antico idioma, tratta per lo più di diritto di famiglia. Proseguendo verso nord, non lontano dall’Odeion, all’ombra di un platano sempreverde, la storia incontra la mitologia. Si narra che Zeus, innamoratosi perdutamente della principessa Europa, si trasformò in un toro bianco, la sedusse, la rapì e la portò in groppa dal Libano a Creta attraversando il mare a nuoto. Qui, sotto i rami di quel platano, le confessò la sua vera identità e consumarono la loro passione. Da questi incontri amorosi nacquero i loro 3 figli, nonché successivi re minoici, Minosse, Radamanto e Sarpedonte. Si narra che, da quel momento in poi, il platano, fino ad allora caducifoglie, si trasformò in un albero sempreverde. Naturalmente, come sempre, una spiegazione c’è ed è che esiste una rara specie di platano che è appunto sempreverde, di cui esistono poche decine di esemplari a Creta. Nonostante questo sia risaputo, fino a poco tempo fa, quando l’albero non era ancora protetto da una recinzione, molti cretesi venivano qui e staccavano una foglia, poiché pare fosse di buon auspicio per una sicura e buona procreazione… gli uomini non sanno proprio resistere al fascino dei miti e delle leggende 😉 …

Ma torniamo alla storia, quella vera, e proseguiamo nella parte “selvaggia” del sito…

Abbiamo usato il termine “selvaggio” perché, effettivamente, andare alla ricerca di questi resti è un po’ un’avventura in mezzo alla natura. Attraversiamo la strada all’uscita del sito ufficiale e seguiamo i cartelli per “Tempio delle Divinità Egizie” e “Pretorium” che indicano di proseguire a piedi nel bel mezzo degli ulivi. Qui, vi dovete armare di un po’ di pazienza e possibilmente di una buona guida che vi aiuti a districarvi nel dedalo di sentieri e di resti presenti in quest’area ricchissima. Vi troverete infatti a scoprire, mano a mano che camminate, varie recinzioni al cui interno c’è tutto un mondo di resti romani e non, tra cui templi, case, bagni pubblici, statue, anfiteatri, ecc.. Il Tempio delle Divinità Egizie (I-II sec. d.C.) è il primo che troverete seguendo queste indicazioni, per poi imbattervi nel Tempio di Apollo (VII sec. a.C.) e nel vasto Pretorio (II sec. d.C.), sede amministrativa della città, ma anche luogo sacro ed abitazione privata del Pretore. Tutta quest’area è stata il cuore religioso di Gortyna per secoli e, nonostante sia stata distrutta più volte da forti terremoti e che oggi siano arrivati a noi solo dei resti della magnificenza di questi edifici, l’atmosfera che si respira passeggiando lì attorno è molto speciale: un insieme di misticismo, senso di grandezza, ammirazione e memoria del passato. Proseguendo a nord si incontrano, infine, il Ninfeo, complesso di bagni pubblici del II sec. d.C., luogo molto amato dagli antichi romani, e l’anfiteatro (fine II sec.).

Questo è il nostro racconto di oggi, cari amici di Microcosmo Creta. Per chi alloggia nell’area di Chanià, Gortyna non è un luogo che si trova dietro l’angolo di sicuro, ma è comunque una gita fattibile in giornata. Soprattutto per gli appassionati di archeologia e di storia romana (ma non solo ;-)), crediamo sia una visita imperdibile e indimenticabile, nonché il più bel sito archeologico di tutta Creta.

Diktynna e Menies: il legame tra mare, miti e antiche civiltà cretesi

Il racconto che state per leggere mette insieme alcuni tra i nostri “ingredienti” preferiti: spiagge solitarie, resti archeologici e mitologia. Il nostro amico Nikos ci ha lasciato per un intero pomeriggio una delle sue barche a motore e, come dei veri esploratori del passato, ci siamo avventurati nel blu del Mar di Creta.

La nostra intenzione era quella di raggiungere baiette nascoste, raggiungibili solo via mare. Imbracciato quindi il timone del nostro super mezzo siamo partiti alla volta della Penisola di Rodopou, quasi del tutto selvaggia e incontaminata poiché molto aspra e difficilmente percorribile con mezzi a motore. Da un certo punto in poi, infatti, se non si guida un fuoristrada è davvero sconsigliabile proseguire per i 20 km di strada sterrata e dissestata che uniscono l’ultimo centro abitato della zona con la punta del promontorio. Ed è per questo motivo che, fino ad ora, non ci eravamo mai avventurati fin là, nonostante la curiosità fosse tanta. L’occasione di avere un barchino tutto per noi è stata troppo ghiotta per non provare ad esplorare quella zona. Dal porticciolo di Kalamaki, la località dove viviamo, alla costa della penisola ci è voluta un’ora abbondante di traversata, andando a velocità abbastanza moderata. In questo lasso tempo, ogni piccola cosa bastava ad emozionarci: il fatto di essere soli, in mezzo al mare, con una barca tutta per noi, il vento, il blu intenso del mare e la sua trasparenza che ci permetteva di vedere il fondale anche a metri di profondità! Abbiamo avuto anche la fortuna di vedere alcuni pesci volanti sfrecciare al nostro fianco, bellissimi, di un azzurro cangiante, capaci di compiere dei veri e propri voli di decine di metri!! Arrivati in prossimità di Rodopou, abbiamo visto in lontananza, sulla sinistra, la spiaggia di Afrata (per maggiori informazioni rileggere l’articolo: “Polyrrinia e Afrata: meraviglie celate a due passi da casa”). Abbiamo virato verso destra e navigato sotto costa, alla ricerca di qualche baia interessante. Ne abbiamo scovate un paio, piccoline, sassose, isolate dal mondo: ci  siamo avvicinati, abbiamo scattato delle foto e ci siamo fatti un po’ cullare dalle onde. In realtà, sapendo esattamente dove volevamo attraccare, abbiamo proseguito ancora, fino ad arrivare alla punta nord-est della penisola. Lì, celata dietro ad un promontorio, ha fatto capolino la splendida spiaggia di Menies. Larga non più di qualche decina di metri, la baia è accoccolata tra pareti rocciose e arbusti ed è composta da piccoli ciottoli che si immergono in un’acqua simile ad uno specchio… un sogno ad occhi aperti! Altre barche erano ormeggiate a pochi metri dalla riva e, seguendo il loro esempio, abbiamo buttato l’ancora. In men che non si dica eravamo in acqua con maschera e boccaglio, per goderci uno dei più bei bagni della stagione!

Giunti a nuoto fino a riva, con la macchina fotografica tra i denti, abbiamo raggiunto a piedi la cima del promontorio ad est della spiaggia. Qui, ai tempi dell’Imperatore Adriano sorgeva il maestoso Tempio di Diktynna, di cui purtroppo non è rimasto quasi nulla se non qualche gradino, alcuni resti di colonne, capitelli e grandi cisterne. La dea cretese Diktynna era la protettrice degli arcieri. In realtà, sembra che il suo vero nome fosse Britomartis e che fosse una delle ninfe cacciatrici compagne della dea Artemide. Secondo alcune fonti, pare che proprio quest’ultima le avesse attribuito il nome Diktynna per via di quello che le successe. Perseguitata dal re Minosse che la desiderava intensamente senza essere ricambiato, un giorno, non avendo alternativa di fuga e presa dalla disperazione, la ninfa si gettò in mare. La sua vita fu salvata dalle reti di alcuni pescatori. Da qui il nome Diktynna, ossia “Signora delle Reti”. Questa spiegazione non convince tutti, tant’è che altre fonti dicono che il suo nome venga da un monte cretese (il Monte Dicte); altre dicono che lei fosse la dea delle reti da caccia e non di quelle da pesca. Come sempre, in queste occasioni, ci sono mille interpretazioni della storia e forse è proprio questo il bello dei miti e delle leggende 😉 .

Dopo aver passeggiato tra i resti del tempio, i cespugli e le capre, ci siamo fatti altri due tre tuffi dal nostro barchino per poi, pian piano, avviarci verso casa.

Che cosa ne dite, vi piacerebbe vivere la nostra stessa esperienza? Sì? Beh, sappiate che se venite qui in vacanza lo potrete fare senza problemi! Vi mettiamo noi in contatto con Nikos, così potrete noleggiare una delle sue barche!

A presto viaggiatori!

Agios Nikolaos e dintorni: un week-end da “pecore nere”

Quest’anno la Pasqua Ortodossa e quella Cattolica coincidono, quindi anche a Creta, come in Italia, in questa settimana si respira aria di festa e di vacanze. Per le strade e nei negozi di Chanià tutti ci salutano dicendo “Καλό Πάσχα” (Buona Pasqua) e l’aria primaverile che si respira ti fa venire una gran voglia di passeggiate e nuove scoperte.

Così lo scorso week-end ci siamo detti: “Perché non andiamo a trovare i nostri amici e concittadini che vivono dall’altra parte dell’isola?”. Sì, avete letto bene: concittadini. Anna, Diego e Moreno sono tre vicentini che da circa un anno hanno scelto, come noi, di progettare il loro futuro nella bella Creta, trasferendosi nella zona di Eloùnda – Agios Nikòlaos, a nord-est dell’isola. Per la precisione, loro vivono in un villaggio tradizionale sui monti, di circa 60 abitanti, chiamato Skiniàs. A circa 3km dalle loro abitazioni, a Pàno Loùma, hanno aperto dallo scorso settembre un adorabile καφενείο greco (bar-caffetteria) in cui, oltre a proporre alcune bevande e stuzzichini tipici del posto, attirano moltissimi greci affamati e diversi turisti curiosi con un menù a base di bruschette e di italianissima pasta (anche fresca fatta in casa da loro!!). Inoltre offrono dell’ottima birra artigianale cretese alla spina (la marca è la Χἀρμα- Hàrma), sia bionda che scura.

Lo scorso sabato, quindi, abbiamo raggiunto, dopo 3 ore di auto, il loro “Μαύρο
Πρόβατο” (Màvro Pròvato)
, che in italiano significa “Pecora Nera” e abbiamo trascorso due giorni in loro compagnia. Possiamo dire che questo è decisamente il posto ideale per chi vuole passare qualche ora nella pace più assoluta: seduti fuori, sorseggiando una birra o un caffè, si può godere di una vista stupenda sulla vallata, che arriva fino al mare. In certi momenti, sembra quasi di vivere in un’altra epoca. L’ambiente è familiare, il cibo e la birra ottimi, i tre ragazzi sono davvero simpatici e ospitali… insomma, se passate da queste parti durante le vostre vacanze, non potete mancare una tappa al Màvro Pròvato!

Noi, però, non siamo andati da quella parte dell’isola solo per star seduti al bancone a mangiare e bere, nonostante l’idea non sarebbe stata malvagia :-D!! Le cose da vedere, anche in quella zona, sono moltissime e noi ne abbiamo scelte alcune di veramente interessanti. Prima di tutto abbiamo visitato il sito archeologico di Latò, a circa 20km da Eloùnda, uno dei pochi a Creta che non risale al Periodo Minoico. Nel VII secolo a. C. la città di Latò fu fondata dai Dori ed in poco tempo divenne una delle città più potenti di tutta Creta. Nel sito si possono vedere principalmente i resti dell’antica agorà, del tempio sacro, delle cisterne e di una gradinata. Come nella maggior parte dei siti archeologici di Creta, anche qui lascia senza fiato la posizione: un promontorio verdeggiante e silenzioso, con una vista spettacolare sulle montagne circostanti e sul mare in lontananza.

Lasciata Latò, ci siamo diretti verso la vicina chiesa di Panagìa Kerà, una meta davvero imperdibile per chi si trova in questa zona. All’interno di essa, infatti, si possono ammirare alcuni tra i più splendidi e ben conservati affreschi bizantini dell’isola, datati XIV secolo: uno spettacolo davvero raro qui!! (CLICCA QUI per saperne di più su Creta bizantina)

Una volta fatto il pieno di storia e di opere d’arte,  ci è venuta fame ed è così che abbiamo raggiunto la famosa cittadina di Agios Nikòlaos. Fino a 50 anni fa era solamente un piccolissimo porticciolo di pescatori, mentre ora è una meta turistica piuttosto richiesta che attira ogni anno decine di migliaia di turisti. Il centro è sviluppato attorno ad un piccolo lago collegato al mare e si amplia in un dedalo di viuzze costellate di negozi di souvenir e di artigianato locale, bar e taverne greche. Noi per pranzo abbiamo scelto, su consiglio dei nostri amici, il Karnàgio, una coloratissima taverna sul lago, molto frequentata dalla gente del posto, che ci ha fatto assaporare profumi e sapori locali che non deludono mai.

Il giorno dopo volevamo andare a visitare la bellissima isola di Spinalònga, che si trova di fronte al lungomare di Eloùnda. Nel 1579 i Veneziani fecero di quest’isola una straordinaria fortezza, di cui ancor oggi si possono ammirare i resti. Nei primi del ‘900, per circa 50 anni, divenne un lebbrosario e alcune delle storie che girano attorno a quegli anni bui, hanno ispirato un libro divenuto famoso, intitolato “L’isola”. Purtroppo il cielo era nuvoloso quel giorno e tirava un forte vento, quindi abbiamo rinunciato alla visita di Spinalònga e abbiamo optato per un giretto alternativo, nell’adiacente penisola di Kolokìtha. Dopo aver parcheggiato la macchina abbiamo camminato per un’oretta in queste bellissime lande solitarie, piene di fiori, piccole chiese e baiette nascoste. Il promontorio di Kolokìtha è collegato artificialmente a Eloùnda da una stradina costeggiata da saline e caratterizzata da vecchi mulini a vento diroccati e in disuso, come se ne trovano a decine in quest’area di Creta. Una volta lasciata la penisola, abbiamo passeggiato per le strade e il porto di Elounda, per poi tornare al Màvro Pròvato, per l’ultima birra in compagnia e per i saluti e i ringraziamenti ad Anna, Diego e Moreno.

E’ ora di salutare anche voi, cari followers di Microcosmo Creta, almeno per ora! Vi lasciamo con lo slogan del Màvro Pròvato: “You must be different to make the difference!”.

Buona Pasqua di cuore a tutti! Καλό Πάσχα! Happy Easter!

Monastero di Arkadi, Museo di Eleftherna e spiaggia di Spilies: i dintorni di Rethymno

Anche voi, quando viaggiate, amate unire il relax alle visite culturali? Se siete quel tipo di viaggiatori, non potete perdervi il nostro racconto di oggi, ambientato nella regione di Rethymno. In una sola giornata siamo riusciti a visitare il Monastero di Arkadi, famoso in tutta Creta per la sua storia di sacrificio, il nuovissimo Museo di Eleftherna, il primo nell’isola ad essere integrato al relativo sito archeologico e la piccola spiaggia di Spilies, dai colori intensi e dalle onde travolgenti.

Monastero di Arkadi (Μονή Αρκαδίου)

A circa un’ora e un quarto da Chanià, andando verso est, sorge questo splendido monastero, forse il più conosciuto di tutta l’isola. La data di costruzione è incerta: alcuni la attribuiscono ad un imperatore bizantino del V secolo, altri al monaco Arkadios, nel XIII secolo. La chiesa all’interno delle mura, risalente al periodo dell’occupazione veneziana (1587), è di una bellezza unica. Con un po’ di sano orgoglio nazionale, ci teniamo a dire che i lavori di costruzione della magnifica facciata decorata hanno subito l’influenza di due architetti italiani: Sebastiano Serlio e, per nostra grande sorpresa e soddisfazione, il nostro rinomato concittadino vicentino, Andrea Palladio. Quello che però tutti ricordano maggiormente di questo luogo è il doloroso episodio accaduto l’8 novembre 1866, durante la rivoluzione cretese contro i Turchi. Circa un migliaio di cretesi rifugiati all’interno del monastero, tra cui molte donne e bambini, dopo due estenuanti giorni di resistenza al feroce assedio nemico, fecero saltare in aria la polveriera, sacrificando la loro vita per non doversi arrendere all’invasore. Non è la prima storia che sentiamo narrare sul coraggio e l’orgoglio del popolo cretese ed ogni volta ci fermiamo un attimo a riflettere sulla vita passata di queste genti che, a detta di molti, hanno concepito la culla della nostra civiltà moderna.

Museo di Eleftherna (o Eleutherna)

A 10 minuti di auto da Arkadi, ai piedi del monte Ida, si trova il Museo di Eleftherna, inaugurato appena 3 mesi fa. L’edificio è moderno, ma ben integrato nel paesaggio circostante. Qui sono raccolti tutti gli oggetti ritrovati in 30 anni di scavi nell’adiacente
sito archeologico di Eleftherna. Siamo rimasti senza parole quando abbiamo saputo che le origini di questa imponente città risalgono al 3.000 a.C. e che è sopravvissuta fino al XIV sec. d. C.. Parliamo di oltre 4000 anni di storia! E’ veramente interessante vedere racchiusi in un museo gli oggetti provenienti da uno stesso luogo che è cambiato e si è evoluto nel corso di epoche così diverse e così lontane da noi. Gli scavi archeologici finora effettuati ed ancora in corso (per questo l’area non è attualmente visitabile), hanno portato infatti alla luce moltissimi resti di svariati periodi: abitazioni, terme, strade, mura, cisterne, botteghe, chiese. I più rilevanti sono sicuramente quelli della necropoli di “Orthi Petra”, in cui sono stati trovati vasi e pire funerarie, gioielli ed oggetti vari, collegabili a riti funerari di guerrieri o di loro familiari. Il museo non è grandissimo ed è gratuito. Viene continuamente aggiornato mano a mano che gli archeologici riportano alla luce nuovi oggetti (CLICCA QUI per un approfondimento sull’antica civiltà cretese).

Spiaggia di Spilies

Lasciata Eleftherna e i suoi antichi tesori, non ci resta che regalarvi un’ultima, immancabile immagine: quella del mare di Creta! A pochi chilometri a est di Rethymno, giace questa baia il cui nome, Spilies, significa “grotte”, per via delle cave presenti nelle pareti rocciose che la incorniciano.  La prima cosa che salta all’occhio è l’intenso e affascinante contrasto di colori: l’azzurro turchese del mare, il bianco della sua schiuma, il nero dei piccoli ciottoli sul bagnasciuga e il rossastro delle rocce circostanti…spettacolare!! Quel giorno, poi, Poseidone deve aver avuto una brutta giornata, perché c’erano delle onde a dir poco impetuose, a tratti spaventose, ma ci siamo divertiti come due bambini a farci travolgere e sbattere a destra e a manca dal Dio del Mare!!

Insomma, vi è piaciuta la nostra gita “variopinta”? Speriamo che i nostri post riescano a regalarvi qualche minuto di svago e di viaggi immaginari nel cuore pulsante di Creta!

Γειά σας!!

Rethymno e Lappa: le vestigia di grandi civiltà del passato

Questo novembre da sogno in terra cretese ci fa venir voglia di uscire spesso e di girovagare per l’isola, percorrendo anche strade che in passato avevamo già esplorato in parte. Le due mete di cui vi parliamo oggi, infatti, non sono nuove per noi, ma abbiamo deciso di visitarle in un’unica giornata e in maniera più approfondita per potervele “regalare” tramite le nostre parole e foto.

Da casa nostra in auto ci si impiega un’oretta per arrivare alla città di Rèthymno, che si trova sempre sulla costa nord, a est di Chanià. Rethymno è la terza città cretese in ordine di importanza e grandezza, dopo Iràklio e Chanià. Personalmente riteniamo che come bellezza, architettura e particolarità sia seconda solo a Chanià. La giornata che abbiamo scelto per visitarla era davvero splendida e incredibilmente calda per essere novembre inoltrato. Una volta arrivati abbiamo fatto quello che è inevitabile fare in una città come questa: perdersi nei suoi intricati e caratteristici viottoli che non possono non ricordarci le calli veneziane. D’altronde anche a Rèthymno, come a Chanià, Venezia è davvero ovunque: la si trova nel piccolo porticciolo, nelle facciate dei vecchi edifici e delle case, nelle decorazioni di balconi, architravi e portoni. Per non parlare poi del simbolo dell’odierna città che è davvero un piccolo gioiello veneziano: la seicentesca Fontana Rimondi, che prese il nome da colui che la fece costruire, il rettore Alvise Rimondi. Volendo davvero conoscere a fondo la città e i suoi più piccoli segreti, si potrebbe davvero perdere delle ore alla scoperta dei particolari antichi che rendono unici molti edifici del centro. Se invece preferite le grandi costruzioni, basta salire sul promontorio ad ovest del porto, dove si erge l’imponente e ben conservata Fortezza Veneziana, dalla quale si può godere una fantastica vista sulla città e sul mare.

Abbiamo trascorso qualche ora a Rethymno, a passeggiare tra le viuzze nascoste, a
percorrere su e giù il bel lungomare pieno di bar e localini e scattare foto a queste antiche vestigia baciate dal sole. Verso l’ora di pranzo, abbiamo deciso di lasciare la piccola Venezia cretese e di avventurarci nelle colline dell’entroterra, alla ricerca di un posto dove mangiare qualcosa.

Arrivati al piccolo villaggio di Episkopì, ha attirato la nostra attenzione un’insegna sulla strada, posizionata davanti ad una piccola taverna accoccolata tra le fronde di un gigantesco ibisco in fiore. L’insegna diceva: “Ο κήπος της Αρκούδαινας Ταβέρνα”, ossia “Taverna Il giardino di Arkoudaina” (The Garden of Arkoudaina).

Abbiamo parcheggiato e siamo entrati. Il proprietario ci ha fatti accomodare nel giardino sul retro, un posto davvero incantevole. La stagione turistica ormai è finita e i greci non pranzano certo all’una e mezza, così quel giorno eravamo solo noi seduti su uno di quei tavolini multicolore a gustarci i piatti unici e genuini di questa particolare taverna. Abbiamo ordinato dei kalitsounia (fagottini di pasta fillo ripieni di erbe cotte locali), un piatto di fava (purè di legumi chiamati appunto “fava”, deliziosi e tipici di Creta) servito in maniera originale con un mix di erbe tritate sopra e infine, ma non ultima, un’insalata davvero insolita che ha reso famoso questo posto, composta da niente meno che 49 ingredienti!! Impossibile individuarli tutti, noi ci abbiamo provato, ma siamo arrivati a circa la metà!! Potrebbe sembrar strano che un’insalata stimoli diversi sensi, ma vi assicuriamo che quella ci ha stuzzicato parecchio sia la vista, che il gusto che l’olfatto!

Lasciata la taverna, ci siamo diretti verso la seconda meta da noi scelta: Lappa se la chiamiamo con il suo nome antico, Argyroùpoli se preferiamo la denominazione odierna. Questa minuscola cittadina, spersa tra le montagne dell’entroterra cretese, è un piccolo forziere di tesori archeologici del periodo Romano e Serenissimo. Siamo partiti a visitarla da un punto esterno al centro della città, ossia dalla località di Lamianà, dove si trova un’importante parte di resti della Necropoli Romana e del Santuario delle 5 Vergini. Per arrivarci bisogna seguire le indicazioni stradali per Kato Poros, parcheggiare l’auto ed inoltrarsi a piedi in un bellissimo sentiero lastricato. Mano a mano che si avanza, si iniziano a vedere le prime prove della presenza dei nostri antenati. Sulla parete rocciosa che costeggia uno dei due lati del sentiero si succedono, una dopo l’altra, le tombe scavate abilmente nella pietra. Sono di diverse misure e fattezze, ma tutte così incredibilmente definite da far venire un brivido per quanto si capisce nitidamente quale fosse stato il loro scopo in passato.

Proseguendo lungo il percorso, siamo arrivati ad una piccola e bianca chiesetta dedicata al sacrificio delle cosiddette 5 Vergini, avvenuto per mano dell’armata dell’imperatore Decio (249-251 d.C.), convinto e feroce persecutore dei Cristiani. Inoltrandoci ancora un po’ nella natura di questo luogo così intimo ed ameno, arriviamo ad una fontana con acqua sorgiva, circondata da altri resti di tombe Romane, il tutto sovrastato da uno spettacolare e mastodontico platano che vanta, udite udite, ben 2.000 anni di vita!

Dopo esserci goduti l’atmosfera bucolica di questo luogo magico, ci siamo diretti verso il centro della cittadella veneziana di Lappa. Un grande arco ti accoglie all’entrata del paese ed un percorso ben tracciato ti guida tra le vie e le ricchezze archeologiche di questo villaggio, che in epoca Romana si stima avesse intorno ai 10.000 abitanti, oltre ad un porto e un’imponente forza navale. In realtà, l’area archeologica è molto più vasta di quella che vediamo nella città stessa, in quanto si estende anche nei paesi vicini. Noi quel giorno ci siamo limitati a girare per il centro di Lappa, dove si può fare una piacevole passeggiata e incontrare pezzi di storia davvero interessanti. Bellissima la porta veneziana che un tempo introduceva all’interno della fortezza del signore feudale della Serenissima Repubblica Veneta, Francesco Da Molin, e sulla cui pietra si legge scolpito: “OMNIA MUNDI FUMUS ET UMBRA” (“Tutto al mondo è fumo ed ombra”). Impressionante poi come si sia conservato il grande mosaico, appartenente ad un antico bagno romano, che si trova oggi coperto da una tettoia accanto alla chiesa bizantina della Panagìa: si tratta di un capolavoro composto da 7000 tessere, raffiguranti disegni geometrici e piccoli pesci.

Per concludere la giornata ci siamo spinti in auto fino alla parte bassa del paese, per ammirare le famose cascate naturali di
Argiroùpoli che adornano le pareti rocciose e le caratteristiche taverne sottostanti le quali, durante la stagione turistica, offrono pesce d’acqua dolce ed altri piatti locali.

Anche per oggi la nostra gita fuori porta si è conclusa, ci auguriamo vi sia piaciuta… a presto!!

***CLICCA QUI per un approfondimento su Creta bizantina e veneziana***

Aptera e Dounias: un assaggio di Creta romana e di Slow Food!

Sono le nostre gite preferite, quelle che uniscono archeologia e cultura gastronomica!

DSCN1754La nostra “sete di Creta” ci ha portati, nonostante i nuvoloni minacciosi di quella mattina, a scoprire altre bellezze nei dintorni di Chania. Da tempo ne sentivamo parlare, soprattutto dai cretesi della zona, e così abbiamo deciso di visitare l’antica città-stato di Aptera, le cui origini risalgono al periodo geometrico (1000-685 a.C.) e la cui fine fu segnata da un forte terremoto prima (nel 365 d.C) e, in maniera definitiva, dalle invasioni saracene del VII sec. d.C..

Si arriva in un attimo, poiché si trova a soli 16km da Chanià e l’ingresso costa solamente 2€ (aperto dal martedì alla domenica, dalle 8:30 alle 15:00).

DSCN1773Il sito è immerso nel verde, sul promontorio di Palaiokastro (altezza: 200m) e si affaccia sulla Baia di Souda. Sono visibili resti del periodo ellenistico: le mura di circa 4km, le colonne e le fondamenta del tempio dorico, il teatro, del tardo periodo ellenistico, uno dei pezzi forti di questo sito archeologico, che però, purtroppo, in questo periodo è chiuso al pubblico per restauro (*vedasi note a piè di pagina). I più impressionanti, monumentali e ben conservati edifici, sono comunque quelli del periodo romano (I sec. a.C. – IV sec. d.C.), prime fra DSCN1760tutti le enormi cisterne con volte, conservate in ottimo stato, che raccoglievano l’acqua piovana e rifornivano i due grandi complessi termali che si trovano pochi metri più in là e nelle quali gli antichi romani andavano a rilassarsi e far vita sociale.

A qualche centinaia di metri di distanza da questo gruppo di rovine, si trova poi la DSCN1781fortezza di Koules, costruita assieme ad altre in epoca successiva dagli ottomani per controllare dall’alto tutto il traffico navale dell’isola: da qui ci siamo goduti, anche se il cielo quel giorno era molto coperto, la vista sconfinata sulla baia di Souda e sulle spiagge di Almirida e dintorni…un panorama davvero stupendo!

A questo punto, anche un po’ per paura di essere presi alle spalle da un bell’acquazzone, siamo risaliti in macchina e, per nostra fortuna, era l’ora di pranzo! Ci siamo così avviati verso quella che si sarebbe rivelata una delle esperienze culinarie più belle e particolari DSCN1802della nostra vita! La meta era il paese di Drakona (sulle montagne dell’entroterra di Chania, a circa mezz’ora da casa nostra) e nello specifico la rinomata taverna Dounias (www.ntounias.gr), che in realtà è riduttivo chiamare taverna, in quanto si tratta di un vero e proprio “Centro Gastronomico Tradizionale della Dieta Cretese”.

Il punto di forza di questo posto, nonchè il suo motore pulsante, è sicuramente Stelios, il DSCN1797singolare e genuino proprietario che vive e lavora lì assieme alla moglie e ai figli. Dopo aver lavorato anni come chef a Chania, un giorno decide che la città e la cucina a volte un po’ troppo “turistica” non facevano più per lui; con la famiglia quindi ritorna alle origini, a Drakona, nel suo paese natale e lì costruisce casa e avvia questa attività ormai conosciuta in tutta l’area di Chania e non solo!

Quel giorno, quindi, arriviamo al Dounias e ci sediamo a tavola; lui arriva e ci dice: “Io
non so bene l’inglese e il servizio non è il mio forte, quindi…venite con me!”. Noi, un po’ DSCN1798stupiti e divertiti, sorridiamo e lo seguiamo. Ci porta direttamente in cucina dove c’è una fila di fornelli, rigorosamente a legna, con sopra svariate pentole artigianali di terracotta. Lui apre ad uno ad uno i coperchi magistralmente dipinti a mano e ci mostra cos’hanno preparato in mattinata lui e sua moglie; dopo averci detto i nomi di tutte le pietanze ci invita a ordinargli quello che vogliamo…troppo bello!!!! Noi, entusiasti naturalmente, ordiniamo varie cose, per poter assaggiare il maggior numero di questi piatti a dir poco invitanti, al 100% tradizionali e fatti da ingredienti solo ed esclusivamente coltivati o allevati da lui e dai vicini di casa, senza pesticidi e in linea con i principi dello Slow Food (associazione internazionale nata in Italia che difende e divulga le tradizioni agricole ed enogastronomiche di tutto il mondo, combattendo per i diritti dei popoli alla sovranità alimentare).

DSCN1800Una volta scelti, ce li serve in tavola, accompagnandoli, su nostra richiesta, con del vino autoprodotto servito in un tipico bricchetto greco di rame. Riempie i nostri due bicchieri prima e poi versa un bel bicchiere raso anche per lui, fa assieme a noi un γεία μας (cin-cin), si scola in un sorso il vino e se ne torna a lavorare…unico, davvero unico Stelios :-)!!

Insomma, potete solo immaginare com’erano i piatti: genuini come i due padroni di casa, con sapori esplosivi e trasudanti di tradizione culinaria cretese. Lo consigliamo a chiunque venga a Creta, perchè in posti come questi si può davvero assaggiare l’autenticità dei piatti tipici e delle persone del posto.

E quindi diciamo bravi, bravi e ancora bravi a Stelios e consorte che al giorno d’oggi riescono ancora a farci provare un’esperienza culinaria e umana pura, autentica e davvero unica, in tutti i sensi!

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*NOTE:

Aggiornamento del 12/10/16: il teatro è stato finalmente aperto al pubblico, in seguito agli scavi e alla ristrutturazione effettuati dagli archeologi. Di seguito alcune foto: